Società

Ddl disforia di genere, Agia: “Importante passo avanti. Nelle scuole capita che si utilizzano nomi scelti dagli studenti, genitori vanno informati”

La bozza del disegno di legge sul trattamento della disforia di genere nei minori, approvata dal Consiglio dei Ministri e firmata dai ministri Eugenia Roccella e Orazio Schillaci, introduce una serie di vincoli sull’accesso ai trattamenti farmacologici per adolescenti e bambini.

Marina Terragni, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, ne sottolinea il valore in termini di tutela della salute, definendolo un provvedimento necessario per proteggere il benessere psicofisico dei più giovani.

I criteri previsti dalla norma

Il testo stabilisce che i farmaci bloccanti della pubertà e gli ormoni cross-sex possano essere prescritti solo dopo:

  • una diagnosi condotta da un’équipe multidisciplinare;
  • la documentazione di eventuali percorsi psicoterapeutici già svolti;
  • l’autorizzazione preventiva del Comitato etico pediatrico nazionale;
  • l’inserimento in un registro nazionale gestito da Aifa.

Secondo la Garante, questi requisiti riflettono un orientamento internazionale sempre più condiviso. In diversi paesi – tra cui Regno Unito, Brasile e Paesi Bassi – si sta infatti sostituendo il modello farmacologico con approcci più cauti, anche di tipo psicologico.

I dati internazionali e le raccomandazioni ONU

Terragni richiama anche un recente rapporto delle Nazioni Unite, firmato da Reem Alsalem, in cui si considera la transizione – sia medica sia sociale – dei minori come una possibile forma di violenza di genere. Il documento segnala effetti dannosi a lungo termine, e una maggiore incidenza di diagnosi tra i giovani nello spettro autistico. In particolare, le bambine risulterebbero le più colpite.

La disforia a esordio rapido

Secondo quanto riportato dalla Garante, in circa l’80 % dei casi la disforia si presenta in bambine prepuberi, con una comparsa improvvisa. Si parla in questo caso di Rapid Onset Gender Dysphoria (ROGD), fenomeno che viene associato a forme di contagio sociale e, in molti casi, a dinamiche di omofobia interiorizzata. Dati provenienti dalla clinica Tavistock – successivamente chiusa – indicano che una larga parte delle ragazze trattate per disforia mostrava un’attrazione per persone dello stesso sesso.

Terragni sottolinea che nella quasi totalità dei casi la condizione si risolve spontaneamente con il completamento della pubertà, ipotizzando anche un possibile ripensamento diagnostico sotto il termine di “angoscia da sessuazione pubertaria”.

Il ruolo delle scuole e l’informazione alle famiglie

Tra gli aspetti messi in evidenza, anche quello legato alla cosiddetta transizione sociale. In alcune scuole, riferisce Terragni, capita che vengano adottati nomi e pronomi scelti dagli studenti senza coinvolgere i genitori. Secondo la Garante, in questi casi l’informazione familiare non può essere bypassata: “Va garantita la comunicazione immediata e obbligatoria”.


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