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Dazi, Stati Uniti stretti tra Tokyo e Opec


Dazi, Stati Uniti stretti tra Tokyo e Opec

Nel cuore di una settimana turbolenta per l’economia globale, due nodi critici tornano a intrecciarsi: da un lato, il braccio di ferro tra Stati Uniti e Giappone sui dazi commerciali; dall’altro, la scelta controversa dell’Opec+ di aumentare la produzione petrolifera in un momento di prezzi in caduta libera. Due fronti che, uniti all’avanzata cinese nei veicoli elettrici, delineano una nuova geografia del potere industriale.

Dopo un secondo round di negoziati a Washington, Tokyo ha ribadito senza ambiguità la propria posizione. «Abbiamo detto loro che l’intera serie di dazi è deplorevole e abbiamo insistito con forza affinché vengano rivisti», ha affermato Ryosei Akazawa, inviato del premier giapponese Ishiba, sottolineando come «senza una revisione complessiva, non potremo accettare un accordo». Il riferimento è alle tariffe imposte dagli Stati Uniti su acciaio, alluminio e, soprattutto, sull’auto: un settore chiave, che rappresenta circa il 28% dell’export nipponico verso gli Usa.

Il presidente Trump, pur sospendendo temporaneamente i dazi più aggressivi, ha già previsto misure reciproche del 24% sulle esportazioni giapponesi, riaccendendo una tensione che potrebbe esplodere a luglio. Intanto, da ieri è scattata un’ulteriore stretta su molti componenti auto importati, con rimborsi previsti per le case automobilistiche americane, nel tentativo di tamponare gli effetti interni della guerra commerciale.

Nel frattempo, il mercato petrolifero si scopre più fragile che mai. L’Opec+, con Arabia Saudita e Russia in testa, ha deciso un aumento di produzione di 411mila barili al giorno anche per giugno, dopo quello già programmato per maggio. Una mossa che gli analisti, secondo Bloomberg, giudicano rischiosa. «Un apparente controsenso evidenzia l’agenzia stampa in una fase in cui i prezzi del greggio sono già ai minimi da oltre tre anni». Da inizio aprile, con l’introduzione dei nuovi dazi Usa, il Wti è sceso da 71 a 58 dollari al barile, segnando un crollo del 18%. E l’ultima settimana ha visto un’ulteriore caduta del 7 per cento.

L’obiettivo del cartello? Forzare la mano ai Paesi membri più indisciplinati, come Iraq e Kazakistan, che continuano a sovrapprodurre, mettendo a rischio l’equilibrio dell’intera alleanza. Ma il rischio è minare la stabilità dei mercati globali e danneggiare un comparto energetico già appesantito dal rallentamento della domanda cinese. «Con questi aumenti avverte un report dell’Ispi l’Opec+ rischia di mettere a repentaglio la sua stessa tenuta».

E proprio la Cina, mentre Usa e Giappone si confrontano su vecchie filiere e carburanti fossili, si proietta con decisione nel futuro della mobilità. Il Salone dell’Auto di Shanghai ha sancito il sorpasso simbolico e industriale delle case automobilistiche cinesi, con Byd a farla da padrona: la sua nuova sportiva elettrica Denza Z è il manifesto di un settore che ha superato Tesla in vendite e conquistato oltre il 60% del mercato globale dei veicoli elettrici.

Nel mezzo, Europa e Giappone cercano di

non perdere terreno, mentre gli Usa tentano di proteggere la propria industria. In un mondo in cui il valore aggiunto si sposta rapidamente verso software, batterie e AI, dazi e trivelle rischiano di essere armi spuntate.


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