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Dazi, la Svizzera tratta a oltranza con gli Usa: nessuna ritorsione


Quest’ultimo ha citato i possibili acquisti di gas naturale liquefatto americano, anche se va detto che la Svizzera è un Paese non grande e non potrebbe quindi comprare più di tanto.

Un altro tasto pigiato da Parmelin è quello di possibili maggiori investimenti dei gruppi elvetici negli Usa e su questo versante le dimensioni potrebbero invece essere più rilevanti.

Il ministro dell’Economia ha citato in particolare i gruppi della farmaceutica, che si erano già mossi peraltro in questo senso e che forse potrebbero aumentare ulteriormente gli investimenti promessi; il settore intero, tra l’altro, è nel mirino del presidente Usa Trump, che punta a tagli dei prezzi dei farmaci sul mercato americano. Parmelin comunque potrebbe ora veder crescere il suo ruolo nei colloqui con gli Usa, anche perché l’altra interlocutrice principale, Karin Keller-Sutter, ministra delle Finanze e presidente di turno della Confederazione, è stata da più parti criticata per l’esito infelice, sin qui, dei negoziati.

Il Governo elvetico ricorda che la Svizzera già ora è il sesto investitore estero negli Usa, il primo in ricerca e sviluppo. I dazi del 39% annunciati da Washington colpirebbero quasi il 60% delle merci elvetiche esportate negli Usa e porrebbero la Confederazione in una posizione ben peggiore rispetto ad altri partner rilevanti per gli Stati Uniti (l’Unione europea è al 15%, il Regno Unito al 10%, il Giappone al 15%). Il surplus della Svizzera nell’export di merci, ribadisce Berna, «non è assolutamente il risultato di pratiche commerciali sleali». Il Governo indica anche che la Svizzera ha abolito unilateralmente tutti i dazi doganali sui prodotti industriali e che non fornisce sussidi che possano distorcere il mercato.

Da Berna insomma esce una linea di trattative a oltranza, nella tradizione elvetica, ma anche una sorta di accorato appello a considerare quanto la Svizzera rispetti il mercato.


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