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David Gilmour – Luck And Strange :: Le Recensioni di OndaRock

Non è dato sapere se il titolo del nuovo album di David Gilmour, “Luck And Strange”, miri a riassumere in due parole un’intera carriera, certo è che, nel ritorno del chitarrista e frontman dei Pink Floyd dell’era post-Roger Waters, tutto è imperniato su affetti, speranze e timori di un uomo che si avvicina alla soglia della vecchiaia (78 anni il 6 marzo 2025) e che sull’eccentricità creativa ha edificato la propria fortuna. Al pari di Leonard Cohen in “You Want It Darker” e del David Bowie di “Blackstar“, David Gilmour s’interroga sul trascorrere del tempo e sull’ineluttabilità della morte, con una consapevolezza e una spiritualità decisamente ricche di fiducia nel futuro.

L’album giunge a nove anni di distanza da “Rattle That Lock“, ed è già stato salutato come il suo miglior atto da solista, impresa che qualche birbone definirebbe abbastanza semplice, ma al di là del puro dato statistico o dell’eventuale riassunto in una scala di voti, “Luck And Strange” è un sapiente, onesto e riuscito coming out umano e artistico che merita un’attenta analisi.
Incorniciato da una suggestiva foto di Anton Corbijn, l’album è un vero e proprio affare di famiglia: oltre ai testi della compagna Polly Samson (collaboratrice di David da ormai quasi un ventennio), “Luck And Strange” si avvale della presenza di due dei tre figli di David – Romany Gilmour (voce e arpa) e Gabriel – nonché del figlio di Polly Samson, Charlie Gilmour. Oltre a due fuoriclasse come Guy Pratt e Steve Gadd, sono presenti il compositore e arrangiatore Will Gardner, il batterista Steve DiStanislao e il bassista Tom Herbert, assoldato dal produttore Charlie Andrew (Alt J, Marika Hackman), quest’ultimo elemento chiave di un progetto eclettico che riesce a tenere a bada i fatali cliché dei Pink Floyd.
La novità più rimarchevole di “Luck And Strange” è senz’altro offerta dall’ottima cover di “Between Two Points” dei Montgolfier Brothers (versione apprezzata anche dal suo autore Mark Tranmer) brano che David Gilmour affida alla voce della figlia Romany; altra pagina atipica è il singolare mix di ska, funk, pop e prog di “Dark And Velvet Nights”, una canzone che sembra uscire dall’azzardo mainstream di “About Face”.

Il resto dell’album è in perfetto stile nostalgia/déjà vu, con un’attenzione più al personale imprinting chitarristico che all’insolenza creativa dei Pink Floyd.
Punto nodale del disco è senza dubbio la title track, rielaborata su una vecchia jam session del 2007, proposta integralmente come bonus track nella edizione cd: un serrato groove blues che la presenza alle tastiere di Rick Wright (morto un anno dopo le registrazioni) colora di malinconica nostalgia; all’incastro tra rock, psichedelia e blues su un classico tempo dispari si aggiunge una delle pagine più toccanti anche dal punto di vista lirico (i testi del disco sono decisamente i migliori mai scritti da Polly Samson).
Nonostante affronti temi comunque caldi come la guerra, “Luck And Strange” sottolinea ancora una volta la lontananza tra Waters e Gilmour: alla furiosa indole politica e sociale del vecchio ed ex-amico Roger, David contrappone una riflessione intima e personale sul ruolo della famiglia, sull’onda delle difficoltà create dalla pandemia, tema centrale della pagina più epica dell’album, “Scattered”, dove a reggere le fila sono l’orchestra e il pianoforte (Roger Eno), un elegante rimando al sacro totem di “The Dark Side Of The Moon” (il battito all’inizio del brano è in tal senso esplicativo).

“A Single Spark” è forse il brano dove le novità introdotte dal produttore Charlie Andrew funzionano al meglio: una riflessione spirituale dai toni ora eterei, ora più asciutti e romantici, che David Gilmour incornicia con uno straripante distillato di note per un assolo memorabile. Di egual fascino la raffinata introduzione affidata a due chitarre acustiche e spagnoleggianti dell’ancor più atipica “The Piper’s Call”, esotica e solare quanto basta per garantirsi un posto di rilievo nelle eventuali disquisizioni dei fan, grazie anche a un finale in crescendo con Gilmour graffiante e solido come non mai, supportato da un eccellente Steve Gadd.
Altra delicata incursione in territori inesplorati è il pregevole duetto tra David e la figlia Romany in “Yes, I Have Ghosts”, presente purtroppo solo su cd, ballata che sposa melodie celtic-folk a sonorità di fado e flamenco.
Non c’è comunque brano che non accenni alla solidità degli affetti, con la sognante e tenera “Sings” in prima fila nel rivendicare il ruolo principale della famiglia, succedanea di quella dimensione corale che David condivideva con i Pink Floyd, e che in “Luck And Strange” funziona egregiamente proprio grazie all’apporto di moglie e figli.

Sì, “Luck And Strange” è il miglior disco solista di David Gilmour, ma soprattutto il più autentico e personale. Un progetto che qualcuno ha annunciato come il capitolo finale di una carriera fortunata – la voce è sempre più incerta – ma al di là del sicuro e meritato riscontro, è un successo artistico, che il chitarrista dei Pink Floyd proporrà dal vivo negli show al Circo Massimo di Roma (27, 28 e 29 settembre e l’1, 2 e 3 ottobre) in anteprima mondiale.

08/09/2024




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