Dan’s Boogie: Striptease emozionale per il folletto dellalt-pop :: Le Recensioni di OndaRock
Si contano sulle dita di una sola mano gli autori pop che sono riusciti a prendersi gioco di regole e stereotipi con intelligenza e abile scrittura, uno di questi è senza dubbio il canadese Dan Bejar, musicista tra i più lucidi e intriganti del panorama contemporaneo.
I suoi Destroyer sono una preziosa anomalia che si rigenera a ogni appuntamento discografico: mai simile ai precedenti, ma sempre contrassegnato da una coerenza concettuale che mantiene alta la qualità sia delle musiche che dei testi. Anche il nuovo album, “Dan’s Boogie”, prende spunto dal passato per poi svincolarsene elegantemente. I sette intrepidi cesellatori di note e pause difendono con fierezza il motto “nulla di nuovo, tutto nuovo”.
Mentre il precedente “Labyrinthitis” si inebriava di elettronica e indugiava nelle nefandezze notturne con tempi dance, techno e darkwave, il nuovo progetto allenta la tensione e lascia filtrare un briciolo di luce che è simile alla quiete dopo la tempesta; piano e chitarre guadagnano a loro volta un posto in prima fila per una svolta non del tutto indolore. Se “Labyrinthitis” era dunque la tempesta perfetta, si può tranquillamente affermare che “Dan’s Boogie” sia la giusta quiete, ma attenti perché nulla è come sembra nel mondo dei Destroyer.
Le sontuose ed eleganti note di “The Same Thing As Nothing At All”, brano che apre il disco, sono come tanti coltelli appuntiti che squarciano il velo che nasconde la disperazione e la follia dell’uomo moderno, tutto suona affascinante e maestoso, quasi delizioso: il gioco delle illusioni è iniziato.
Bisogna attendere le ancor più carezzevoli e dondolanti note di arpa di “Cataract Time”, per poter scorgere qualche segnale di potenziale disturbo che metta in allerta l’ascoltatore sulla consistenza della realtà percepibile, poche note distratte di sax (l’eccellente Joseph Shabason) e tutto sembra diverso, quasi ostile.
Sei stanco di fingere,
sei stanco di giocare a fingere,
questa volta è reale,
è reale, sei in fase di cataratta
ogni giorno rinunciamo al tempo
versiamo la bevanda in un grande bicchiere
agiamo velocemente, pensiamo di sapere
abbastanza per andare avanti
nel tempo della cataratta
(Cataract Time)
Questa volta i Destroyer non hanno paura di mostrarsi adulti (il jazz-pop tinto di boogie di “Sun Meet Moon”), mai cosi commoventi e smorfiosi (“The Ignoramus Of Love”), malinconicamente glamour e mai appariscenti (la title track), enfatici senza mai essere fuori dalle righe (“I Materialize”), leggiadri senza mai essere futili (il guizzo elettro-pop di “Hydroplaning Off The Edge Of The World”).
“Dan’s Boogie” è un progetto che per Dan Bejar rappresenta quasi una summa di un percorso artistico ormai trentennale, un disco curato nei minimi particolari al punto da concedersi un cambio di guardia per il singolo “Bologna”, in cui Dan cede il ruolo di vocalist a Simone Schmidt dei Fiver, perfetta nel cogliere quel mix di noir e di elettro-pop in stile balearic della canzone scelta anche come singolo.
Attraverso il ricorso a personaggi allegorici e a fantasmi del proprio passato, il musicista mette in scena un album grottesco e drammatico, in cui per la prima volta un velato senso di mistero entra tra le pieghe dei brani, evocando lo spirito di David Bowie e lo sberleffo alt-pop di Luke Haines. Un ultimo brano, apparentemente innocuo, mette a confronto spacciatori e vittime, personaggi emblematici del moderno caos: “Travel Light” è un potente monito che non stempera quella lieve sensazione di incompiuto o irrisolto che permea l’intero progetto, ma è in questa consapevole incertezza che è racchiuso il più onesto, schietto e genuino album dei Destroyer.
18/07/2025