Danni durante un corteo, la Procura chiede di arrestare 26 anarchici ma il gip dice no: “Non c’è stata devastazione”
Genova. Non è stata devastazione ma solo danneggiamenti multipli che tuttavia non hanno mai messo in pericolo l’ordine pubblico. Con questa motivazione, in estrema sintesi il gip Giorgio Morando ha respinto la richiesta del sostituto procuratore Giuseppe Longo di custodia cautelare in carcere per 26 persone, tra anarchici e studenti, che parteciparono al corteo del 5 maggio 2024.
Il corteo era nato in risposta agli arresti per resistenza compiuti la notte precedente da parte dei carabinieri di 8 persone davanti all’ex Latteria occupata in centro storico. In piazza erano scese oltre 600 persone e nel corso della manifestazione erano stati compiuti vari danneggiamenti: telecamere di sorveglianza spaccate, scritte su numerosi palazzi dei Rolli e altri danni ad auto ed esercizi commerciali. In base alla relazione della Digos i danni quantificati ammontano a 98mila euro.
Per la procura quei danneggiamenti plurimi sono configurabili come devastazione, reato punito con pene altissime (da 8 a 15 anni di carcere) mentre per il giudice, che ha citato numerose sentenze della Cassazione in merito, per configurare quel reato mancano gli elementi costitutivi: l’estensione e il tipo di danneggiamenti non hanno, in sintesi, messo a rischio l’ordine pubblico, ovvero la pacifica convivenza civile che è presupposto del reato di devastazione. “Non può sostenersi, nel caso in esame – dice il gip – che le condotte di danneggiamento, pacificamente esistenti e deprecabili abbiano assunto una portata tale da compromettere la sicurezza di tutti i consociati”.
L’ordinanza: “Contesto ben diverso dal G8 di Genova”
Il giudice per spiegare il senso del suo rigetto della richiesta cita anche il G8 di Genova, uno dei pochissimi casi in Italia in cui c’è stata una condanna per quel tipo di reato (a fronte di situazioni che tutti i genovesi ricordano) e solo per circa la metà dei 25 manifestanti all’epoca accusati. “La percezione diretta avuta nell’estate del 2001, dinnanzi alle condotte tenute dai manifestanti in occasione del G8, raffrontata all’orientamento giurisprudenziale pocanzi citato – scrive il gip – sicuramente può essere inquadrata, a livello giuridico, nel reato di devastazione, peraltro non riconosciuto in modo pieno dai giudici di merito e di legittimità che si occuparono di quei gravissimi fatti”.
Per i fatti del 5 maggio 2024 la percezione del giudice che – come lui stesso spiega nell’ordinanza – ha visionato tutto il materiale video-fotografico allegato alla richiesta, è invece quella che “dai fatti commessi nella manifestazione del 5 maggio 2024, non sia sorta alcuna lesione, anche solo in termini di pericolo, del senso di tranquillità della collettività, ovvero non sia stato leso (o messo in pericolo) l’ordine pubblico, nonostante l’entità dei danneggiamenti procurati”.
Fra l’altro, come emerge nella stessa richiesta della Procura i 26 indagati per cui viene chiesto il carcere non sono coloro che hanno compiuto materialmente i danni ma quelli che li avrebbero agevolati con ombrelli o striscioni a ‘coprire’ i blitz.
Il gip: “Manca l’attualità del pericolo”
Anche dal punto di vista dell’attualità del pericolo, uno dei presupposti per chiedere la misura cautelare il giudice spiega che si tratta di condotte risalenti nel tempo (i fatti sono avvenuti oltre un anno prima la richiesta di custodia cautelare) e che nel frattempo i 26 non avrebbero commesso altri reati. Anche i precedenti penali di alcuni ( la metà degli indagati è incensurata) spiega il gip sono di fatto di poco conto (imbrattamenti, danneggiamenti, occupazione di edificio pubblico, spesso estinti con messa alla prova): “Gli indagati, molti dei quali già condannati definitivamente per danneggiamenti e deturpamenti, non hanno fatto altro che ripetere le medesime condotte, realizzate, in questa circostanza, in un contesto più esteso di protesta. Non si tratta per il gip di “terroristi e devastatori, ma di persone a cui in qualche occasione è sfuggito il controllo”. Per questo tutte le richieste sono state respinte.
Il gip Morando, è fra l’altro, lo stesso giudice che a dicembre dello stesso anno, aveva firmato il decreto di sequestro della latteria occupata, bene di proprietà dell’Università di Genova a cui è stato restituito.
Di fronte al respingimento in blocco della richiesta la Procura ha deciso di fare ricorso al tribunale del Riesame. L’udienza non è stata ancora fissata.