Cultura

D’Angelo, addio al “padrino” del neo-soul

È morto D’Angelo, icona del neo-soul. Con tre dischi e un’eredità immensa ha ridefinito il soul contemporaneo e la black music.

Il mondo della musica piange Michael Eugene Archer, conosciuto da tutti semplicemente come D’Angelo, tra le voci più profonde e influenti della musica black degli ultimi trent’anni.

Il cantautore, polistrumentista e produttore statunitense, è morto il 14 ottobre 2025 a New York, all’età di 51 anni, dopo una lunga battaglia contro un cancro al pancreas, come ha confermato la sua famiglia in un comunicato ufficiale.

«La stella più luminosa della nostra famiglia ha smesso di brillare per noi in questa vita… » (Famiglia Archer)

Nato a Richmond, Virginia, l’11 febbraio 1974, D’Angelo lascia un’eredità musicale immensa, fatta di dischi seminali, collaborazioni fondamentali e un impatto culturale che ha ridefinito i confini del soul e dell’R&B contemporaneo.

Le radici e l’ascesa: dal gospel al debutto con Brown Sugar

Figlio della tradizione musicale afroamericana, D’Angelo comincia a suonare il pianoforte da bambino e a soli 18 anni vince un concorso al leggendario Apollo Theater di Harlem, trampolino di lancio per molti grandi della musica nera. Poco dopo, si trasferisce a New York per inseguire il sogno di una carriera musicale, firmando un contratto con la EMI Records nel 1991.

Il debutto discografico arriva nel 1995 con “Brown Sugar”, un album che fonde soul, funk e hip-hop in un linguaggio nuovo e magnetico. Con oltre due milioni di copie vendute, il disco viene accolto come una ventata d’aria fresca nel panorama R&B degli anni ’90, trainato da brani come “Lady” e “Brown Sugar”, capaci di scalare le classifiche e conquistare pubblico e critica.

Con questo lavoro D’Angelo diventa, insieme a Erykah Badu, Lauryn Hill e Maxwell, uno dei volti simbolo del nascente movimento neo-soul, in grado di riportare al centro della scena un’idea di black music più autentica, spirituale e consapevole.

Voodoo e la consacrazione: il capolavoro che cambiò il soul moderno

Il successo mondiale arriva con “Voodoo” (2000), un album che oggi è considerato una pietra miliare del neo-soul e che Rolling Stone ha inserito tra i 500 migliori dischi di sempre. Registrato insieme alla band dei Soulquarians – un collettivo di straordinari musicisti come Questlove, J Dilla e Pino PalladinoVoodoo ridefinisce il concetto stesso di soul moderno: groove densi, liriche profondamente politiche e spirituali, e una sensualità mai gratuita.

Il singolo “Untitled (How Does It Feel)” diventa un fenomeno culturale, anche grazie a un videoclip destinato a rimanere nella storia, ma trasforma D’Angelo – suo malgrado – in un sex symbol. L’attenzione mediatica invadente e la pressione delle aspettative lo spingono verso un periodo oscuro fatto di depressione e dipendenze, segnando l’inizio di un lungo ritiro dalle scene.

Nonostante le difficoltà personali, Voodoo conquista il Grammy Award per il Miglior Album R&B, mentre D’Angelo si aggiudica quello per la Migliore interpretazione vocale maschile R&B. Il disco diventa un riferimento imprescindibile per tutta la musica black dei decenni successivi.

Il lungo silenzio e il ritorno con Black Messiah

Dopo oltre dieci anni di assenza, nel 2014 D’Angelo sorprende tutti con il suo terzo album, “Black Messiah”, pubblicato insieme alla band The Vanguard. L’opera, densa di riferimenti alla spiritualità afroamericana e alle tensioni sociali contemporanee, viene accolta come un evento musicale e politico.

Black Messiah non è solo un disco: è un manifesto che anticipa e ispira l’ondata di progetti legati alla coscienza black che segneranno il decennio successivo, da Lemonade di Beyoncé a To Pimp a Butterfly di Kendrick Lamar. Anche qui non mancano i riconoscimenti: due Grammy Awards, tra cui quello per “Really Love” come miglior canzone R&B.

Un artista fuori dal tempo

In quasi trent’anni di carriera, D’Angelo ha pubblicato solo tre album in studio, ma ciascuno di essi ha rappresentato una svolta epocale per la musica nera contemporanea. Ha collaborato con figure chiave come Jay-Z, Q-Tip, Common, Snoop Dogg, Lauryn Hill e Dr. Dre, partecipato a colonne sonore e progetti paralleli, e nel 2018 ha prestato la voce al brano “Unshaken” nella colonna sonora del videogioco Red Dead Redemption II.

Nel 2024 il produttore Raphael Saadiq aveva rivelato che D’Angelo era tornato in studio per lavorare a nuovo materiale, sei brani inediti che oggi potrebbero diventare un album postumo.

Nel corso degli anni, D’Angelo ha citato tra le sue influenze più profonde Prince, James Brown, Marvin Gaye, Stevie Wonder e persino i Pink Floyd, un bagaglio artistico che spiega la complessità e l’originalità del suo linguaggio musicale.
Non a caso, Rolling Stone lo ha inserito nel 2023 tra i 200 migliori cantanti di tutti i tempi, mentre Billboard lo ha classificato nel 2025 come 45° miglior artista R&B della storia.

La morte di D’Angelo ha scatenato un’ondata di commozione in tutto il mondo della musica. Artisti, colleghi e fan hanno condiviso tributi e ricordi.
Con la sua voce e con la sua abilità di fondere gospel, funk, hip-hop e soul in un linguaggio unico, D’Angelo ha ridefinito le coordinate della musica afroamericana.


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