Umbria

Dall’America rurale a Pearl Harbor, gli scatti di Dorothea Lange a Palazzo della Penna


di Gabriele Beccari

Con la sua lente ha raccontato l’America rurale, quella delle grandi migrazioni verso la costa est, ma anche gli orrori e le conseguenze della seconda guerra mondiale: è la fotografia Dorothea Lange. Ora ben 130 dei suoi scatti più celebri sono in mostra a Perugia, presso Palazzo della Penna, grazie anche alla collaborazione con il museo Camera di Torino. La mostra è aperta da sabato 14 dicembre al marzo del prossimo anno.

L’anteprima della mostra – VAI ALLA FOTOGALLERY

La mostra «Nel caso di Dorothea Lange la sfida è stata quella di uscire dal tracciato, di provare a portare una Lange che non fosse solo l’immagine iconica della Migrant Mother, ma anche destrutturare il mito per raccontare quanto quella fotografia sia uno strumento che in varie mani può assumere differenti scopi» queste le parole di Monica Poggi, curatrice della mostra fotografica di Dorothea Lange, alla conferenza di presentazione tenutasi nella mattinata di venerdì 13 dicembre a Palazzo Penna.

Palazzo della Penna verso l’arte contemporanea- VAI ALL’ARTICOLO

L’America rurale La mostra, ha spiegato Poggi, si concentra sui dieci anni di maggiore attività della fotografa di Hoboken, legata alla fotografia documentaria, quando l’artista lavorava per il governo degli Stati uniti ed era stata invitata a partecipare al progetto Farm security administration per documentare, con la sua macchina, la grande migrazione dalle zone centrali degli Usa causata da una terribile siccità, in concomitanza con errori nella coltivazione dei terreni che avevano portato a tempeste di sabbia e che li avevano resi improduttivi. La migrazione si era concentrata soprattutto verso la California dove le persone vennero utilizzate come manodopera a basso costo all’interno delle piantagioni. «Le lunghe didascalie che accompagnano le fotografie raccontano le persone che partono in macchina e arrivano a non potersi più permettere il carburante; le automobili diventano monumenti, rottami del fallimento del sogno americano», continua la curatrice.

Pearl Harbour Il secondo nucleo di lavori di cui si compone la mostra si incentra invece sulla storia degli esiti drammatici dovuti all’attacco di Pearl Harbor e un conseguente inasprimento del razzismo verso le persone di origine giapponese nelle zone della costa del Pacifico, dove il governo fece costruire dei centri di deportazione. «Dorothea Lange non è d’accordo – ha spiegato Poggi – con le scelte scellerate del governo e documenta queste persone legate dall’appartenenza americana. Il suo è un lavoro di piccoli e a volte impercettibili tentativi di contrastare la censura per raccontare la storia oggettiva. Il suo lavoro parla a tutti noi ancora oggi. Io spero che dalle immagini di Dorothea Lange possiate cogliere la speranza, l’idea che non si possa far fronte a questa sofferenza, ma con la consapevolezza che queste immagini sono degli strumenti fondamentali di cambiamento della nostra società».

Ritorno al contemporaneo «L’idea di riportare la contemporaneità in questo luogo non riguarda solo l’ambito cronologico, ma anche soprattutto una contemporaneità dei temi – ha spiegato la sindaca di Perugia, Vittoria Ferdinandi – perché la cultura deve essere prima di tutto uno strumento di pensiero e di riflessione su quello che viviamo. Esistono nella contemporaneità, dal ‘900 al 2024 temi perpetui e centrali: questa mostra fotografica ci restituisce un pensiero e un occhio che indugia, ad esempio, sul grande tema del cambiamento climatico, una delle sfide globali che dobbiamo guardare nella sua urgenza e grandezza. C’è poi il tema dell’immigrazione, una grande sfida e possibilità di evoluzione per tutte le nostre società».

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