Dal Bangladesh a Bari, la storia di Sumpa: “Insegno la mia cultura”
“Amo Bari, amo la Puglia, una regione che mi ha accolta, da cui imparo e dove insegno la mia cultura”. L’affermazione è di Sumpa Barua, giovane donna proveniente dal Bangladesh e approdata a Torre a Mare nel 2017. Il rapporto tra due Paesi così lontani geograficamente e ideologicamente, quando è sano, è di reciproco scambio positivo: a insegnarcelo è proprio Sumpa. “Nel mio Paese d’origine ho studiato Computer science al Mips Polytechnic Institute, di Chittagong. In Bangladesh insegnavo ai ragazzi bengalese, storia e matematica – racconta Sumpa – Per me apprendere è fondamentale. È un suggerimento che do a tutti”. Sumpa crede fermamente nel valore dell’apprendimento: bisogna imparare per capirsi e non restare isolati, per poter avere un rapporto di scambio democratico con chi è di fronte.
Appena giunta a Bari, infatti, Sumpa ha studiato italiano alla scuola Penny Wirton, un’organizzazione di cittadini che offre il proprio servizio gratuitamente per gli immigrati. Lei ha voluto imparare la nostra cultura per integrarsi e a sua volta, a Bari, ha pensato di insegnare la propria cultura dando il suo contributo nello studio del bengalese e degli usi e tradizioni bengalesi ai bambini della propria comunità, attività che presta al centro educativo dell’associazione Ital-Bangla di via Garruba. “Sin dall’età di tre anni, ho cominciato a praticare i balli e i canti tipici della Bangladesh e li ho portati qui a Bari sia con il gruppo di miei conterranei, “Debi”, sia con il centro di doposcuola dove i ragazzi bengalesi che sono qui in Puglia possono imparare qualcosa della loro cultura di appartenenza. Sarebbe bello che anche alcuni ragazzi italiani imparassero la nostra cultura: a me piace portare in giro il mio mondo d’origine, che è bellissimo. Il mio Paese mi manca tanto anche se in Puglia ho trovato tanto e mi trovo benissimo”.

Cosa dovrebbero sapere gli italiani della cultura bengalese? Lo spiega la stessa Sumpa: “Noto che spesso le persone sono titubanti nei confronti degli altri. Gli italiani nei confronti di noi stranieri e viceversa. È qualcosa che capita in tutti i Paesi. Ovunque ci sono persone più o meno comprensive, più o meno ‘buone’. Bisognerebbe conoscere ed entrare nella mentalità del Paese ospitante e del Paese ospitato: solo così riusciremmo a capirci e comprendere le motivazioni dietro determinati atteggiamenti e tradizioni. Per esempio, in Bangladesh non c’è tanta disciplina, non tutti i bengalesi vanno a scuola e io dico sempre che bisogna imparare perché anche noi non sappiamo tutto dell’Italia e delle sue regole. Qui molti immigrati non conoscono l’italiano e questo diventa un ostacolo per capirsi e rispondere”.