Sicilia

Dagli Orti di Cibali a Cava Daniele, arriva il vincolo di “livello 3” sulle aree della colata lavica del 1669. Resta esclusa Nesima

«Rari frammenti di natura minerale colonizzati da una ricca vegetazione spontanea all’interno di un contesto intensamente urbanizzato, di cui costituiscono una componente peculiare e identitaria di forte suggestione paesaggistica». Sono le lave della colata del 1669 sulle quali la soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Catania ha deciso di apporre un vincolo. Il verbale della «commissione per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche della provincia di Catania» (presieduta dalla soprintendente Ida Buttitta) è appena stato pubblicato all’albo pretorio del Comune. Gli esperti hanno deciso di proporre di sottoporre a vincolo le lave e gli orti di Susanna (cioè parte dell’ormai celebre Centro direzionale di Cibali), l’area di Cava Daniele e le lave tra corso Indipendenza e via Palermo. Hanno rinviato, invece, la scelta a proposito della tutela dell’area di Nesima, quella nei pressi della stazione Fontana della metropolitana, dove progetti ormai tramontati prevedevano di costruire la nuova sede degli uffici della Regione Siciliana.

Le ragioni della tutela delle lave

«Le formazioni laviche oggetto della proposta di tutela – si legge nella relazione allegata – si sono originate nel corso di una tra le più singolari eruzioni avvenute in tempi storici nell’areale etneo. Tra l’11 marzo e l’11 luglio del 1669 in corrispondenza della bocca eruttiva principale, che si aprì tra 775-850 metri di quota a qualche chilometro a nord dell’attuale abitato di Nicolosi, si verificò un’imponente attività effusiva nel corso della quale furono emessi circa 600 milioni di metri cubi di lava che originarono il campo lavico più ampio (40 milioni di metri quadrati) e più esteso in lunghezza (17 km), mai osservato sull’Etna in tempi storici e preistorici». Un fenomeno eruttivo di «portata eccezionale», che toccò l’ex Monastero dei Benedettini e circondò il Castello Ursino.

E che cambiò, tra le altre cose, la vocazione agricola della città. Seppelliti sotto a una spessa coltre di materiale eruttato rimasero i campi coltivati. D’altro canto, però, cominciò l’attività estrattiva: le cave, giustappunto, che costituiscono un «dedalo di gallerie che si snodano nel sottosuolo urbano di Catania in corrispondenza delle aree ricoperte dalla colata del 1669, come nel sito di Susanna a Cibali e in corrispondenza della Cava Daniele; in quest’ultimo sito le gallerie furono in parte riconvertite in rifugio antiaereo durante il secondo conflitto mondiale».

«Unitamente alla notevole valenza percettiva, all’interesse scientifico e testimoniale, le formazioni laviche in argomento rivestono, altresì, una rilevante importanza sotto il profilo naturalistico ed ecologico – continua la Soprintendenza – Su esse si possono, infatti, individuare i diversi stadi della colonizzazione vegetale, dalle forme pioniere, rappresentate da licheni, fino alle formazioni arbustive più evolute costituite da ginestre, euforbie, ficodindia e pistacchi selvatici, che ospitano una ricca fauna. La conservazione di questi lembi di naturalità all’interno del tessuto urbano è, pertanto, funzionale alla salvaguardia della biodiversità».

Le obiezioni del Comune: «Il livello 3 congela lo sviluppo»

Ai banchi lavici tra corso Indipendenza e via Palermo è assegnato un livello di tutela 3, così come a Cava Daniele e a buona parte delle aree degli orti di Susanna, a Cibali. Uguale protezione la soprintendenza vorrebbe dare alle lave di Nesima, sulle quali però l’Urbanistica del Comune di Catania ha manifestato alcune perplessità, per bocca del direttore Biagio Bisignani, che «non condivide il perimetro orientale del vincolo, poiché tracciato seguendo il limite di una particella catastale e non quello della colata», si legge nel verbale della commissione di tutela.

Stesso verbale nel quale il vicesindaco Paolo La Greca sottolinea: «Le città hanno delle dinamiche che non possono essere bloccate da un livello di tutela 3 che prescrive una condizione di immodificabilità sul territorio, congelando di fatto lo sviluppo del trasporto pubblico, della viabilità e di un’espansione edilizia controllata e riqualificante».

Il riferimento di La Greca è rivolto, soprattutto, alla possibilità di completare la viabilità di Cibali. Un progetto del quale lui stesso ha parlato, anche al quotidiano La Sicilia. Si tratta, cioè, del completamento di via dei Piccioni, i cui monconi vanno da Nesima a via Sabato Martelli Castaldi e che, per il vicesindaco e urbanista, dovrebbero fornire un’alternativa al viale Mario Rapisardi, decongestionando la popolare arteria cittadina.

Ci vuole poco, però, perché La Greca venga tranquillizzato da Laura Maria Patanè, della soprintendenza: tra il livello di tutela 3 e via dei Piccioni c’è un’area cuscinetto, con livello di tutela 1, dove sono possibili nuove costruzioni «in relazione armonica con il paesaggio circostante».

La travagliata storia del Centro direzionale

Di tutte le aree su cui adesso c’è un nuovo vincolo, quella del Centro direzionale Cibali (o degli orti di Susanna) è quella con la storia recente più travagliata. Secondo il Piano regolatore generale del 1969, l’ultimo approvato nel capoluogo etneo, in quella zona grande 17,4 ettari, si doveva costruire un grande centro per uffici e negozi, con strade, parcheggi, palazzi. Nella storia entrano anche tre degli storici Cavalieri del Lavoro di Catania, Gaetano Graci, Francesco Finocchiaro e Carmelo Costanzo. Acquistano le aree un pezzo alla volta e si preparano a un affare che i giornali di allora stimano in mille miliardi.

Anche grazie alle obiezioni di un vivace Consiglio comunale, i lavori non partono e il mondo cambia. Il crac economico-finanziario dei Cavalieri poggia la pietra tombale sul Centro direzionale. Il Consorzio proprietario delle aree viene messo in liquidazione, e attualmente è vigilato da Bankitalia. Da più di un decennio i liquidatori provano a liberarsi delle Centro direzionale, senza successo. L’ultima volta, a febbraio 2025, il prezzo a base d’asta era di 4,7 milioni di euro. Un’inezia rispetto ai 47 milioni di prezzo del primo tentativo (fallito) di vendita.

Nel frattempo, dalle aree disponibili sono stati scorporati circa diecimila metri quadrati, perché destinati a un progetto di social housing in via Teano, dal lato di via Sabato Martelli Castaldi. La proposta di apposizione del vincolo da parte della soprintendenza è, a tutti gli effetti, la fine della possibilità di costruire sugli orti di Cibali.

Sinistra italiana è la prima a festeggiare: «Nasce il parco degli Orti di Cibali, sconfitto il partito del cemento che governa la città», dice un comunicato a firma del segretario provinciale Giolì Vindigni e di quello cittadino Marcello Failla. «Dopo due anni di proteste, petizioni, iniziative di associazioni civiche, organizzazioni sociali e sindacali finalmente si è arrivati a proteggere così dalla speculazione edilizia una delle poche aree naturalistiche della nostra città, fondamentale per migliorare la qualità del vivere urbano», concludono.




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