da Lanciano la lettera a Meloni e Salvini per chiedere giusto riconoscimento e indennizzo per le vittime

I familiari delle vittime dei terremoti che hanno colpito l’Aquila del 2009, Amatrice e altre zone del Centro Italia tornano a chiedere al governo un intervento istituzionale in grado di porre fine a una disparità ormai ritenuta intollerabile.
Lo fanno attraverso una lettera indirizzata alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e al vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, nella quale a farsi portavoce è l’avvocato Maria Grazia Piccinini, di Lanciano, madre di Ilaria Rambaldi, giovane studentessa che perse la vita nel crollo di via Campo di Fossa a L’Aquila. La lettera richiama l’attenzione su un tema c, a distanza di anni, non ha ancora trovato risposta: il riconoscimento di un indennizzo per i familiari delle vittime dei terremoti, sul modello di quanto già avvenuto per i familiari della tragedia di Rigopiano.
Nel testo, l’avvocato Piccinini evidenzia come in Parlamento sia attualmente pendente un emendamento, a firma del senatore Michele Fina, che ricalca la normativa approvata per Rigopiano e che potrebbe finalmente sanare un’ingiustizia più volte denunciata. I familiari chiedono che la discussione e l’approvazione della misura avvengano al di sopra di ogni appartenenza politica, ricordando che il dolore non ha colore e che da troppo tempo a queste famiglie è negato non solo un sostegno materiale, ma anche un riconoscimento morale.
Di seguito il testo integrale della missiva.
“Sono giunta alla decisione di rivolgermi a Voi dopo aver tentato ogni altra strada. Lo faccio con un senso di estrema difficoltà, perché le delusioni e le amarezze accumulate in questi anni hanno minato anche la mia stessa convinzione nel scriverVi.
Mi presento: sono Maria Grazia Piccinini, avvocato e madre di Ilaria Rambaldi, morta nel terremoto de L’Aquila sotto le macerie del condominio crollato in Via Campo di Fossa. Scrivo a nome mio, ma anche di tutti i familiari delle vittime dei terremoti che hanno devastato il Centro Italia: quello de L’Aquila, quello di Amatrice e gli altri eventi sismici che hanno colpito i nostri territori.
Vi scrivo perché riteniamo che, allo stato attuale, Voi siate le uniche istituzioni in grado di ascoltarci e di porre rimedio a un’ingiustizia che perdura da anni. Abbiamo interpellato parlamentari di ogni schieramento, collettivamente e individualmente, ma non siamo mai riusciti a ottenere una soluzione concreta alla nostra richiesta.
La nostra istanza è semplice e lineare: così come ai familiari delle vittime della tragedia di Rigopiano è stata promessa e poi riconosciuta una legge che prevede un indennizzo, allo stesso modo, nonostante fosse stato annunciato più volte, nulla è stato finora previsto per i familiari delle vittime dei terremoti del Centro Italia, comprese quelle delle tragedie avvenute ben prima di Rigopiano.
Oggi esiste un’occasione concreta per sanare questo squilibrio e riconoscere anche a noi la stessa dignità e attenzione già accordata ad altre famiglie colpite da lutti immensi. In Parlamento è infatti pendente un emendamento a firma del senatore Michele Fina che ricalca la legge approvata per le famiglie di Rigopiano e che mira ad estendere analogo trattamento ai familiari delle vittime dei terremoti del Centro Italia.
Chiediamo solo che la sua approvazione non venga ostacolata per ragioni di appartenenza politica, poiché il dolore non ha colore. Il dolore ha il volto dei figli, dei mariti, delle mogli, dei fratelli e delle sorelle che abbiamo perduto. Ha la voce spezzata di chi, oltre al lutto, ha dovuto sopportare anni di attese, speranze disattese e continue ferite istituzionali.
Ho scelto di scrivere non solo al Presidente del Consiglio, ma anche al senatore Salvini, che per primo si adoperò per la legge a favore dei familiari di Rigopiano, mantenendo l’impegno assunto. Un comportamento che abbiamo apprezzato e che riconosciamo come gesto di responsabilità istituzionale.
Noi, familiari delle vittime dei terremoti, ci sentiamo spesso trattati come cittadini di serie B da uno Stato che ha promesso molto e concesso nulla. Si parla spesso del grande flusso di risorse destinate alla ricostruzione a L’Aquila. È vero. Ma nessuna previsione ha riguardato noi, che sotto quelle macerie abbiamo lasciato i corpi dei nostri figli, con le loro e le nostre speranze, i nostri progetti, il nostro futuro. Ilaria aveva 25 anni; Giusy e Genny ne avevano 22; Paolo 27; Filippo 22. E l’elenco potrebbe continuare.
Davvero questo dolore non merita ascolto? Davvero non può essere questo il momento per approvare un provvedimento giusto, senza trasformarlo in una bandiera di partito?
Confidiamo nella Vostra sensibilità e nella Vostra capacità di valutazione obiettiva. Da anni il progetto di una legge viene presentato e respinto, per ragioni sempre diverse. Da anni ci vediamo negare non solo un sostegno materiale, ma anche un riconoscimento morale che riteniamo doveroso.
Cosa abbiamo fatto di male per essere trattati così da quello stesso Stato cui apparteniamo, e che dovrebbe abbracciare il dolore di chi ha perso figli giovani, sani e innocenti? Dopo il lutto, abbiamo dovuto affrontare ulteriori sofferenze nelle aule di giustizia e nel dibattito parlamentare, pur conoscendo tutti come si sono svolti i fatti a L’Aquila.
Concludo, dunque, appellandomi alla Vostra sensibilità e alla Vostra comprensione affinché possiate sostenere questo emendamento e riconoscere anche a noi la stessa dignità e lo stesso trattamento già garantiti ad altri cittadini colpiti da analoghe tragedie.
Confido profondamente nel Vostro intervento”.
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