Liguria

Da Castelletto al Lagaccio, muraglioni sorvegliati speciali. L’architetta: “Senza la dovuta manutenzione sono bombe a orologeria”


Genova. L’episodio più eclatante quello di via dei Cinque Santi, al Lagaccio: lo scorso 28 gennaio un muro a ridosso dei palazzi di via Ponza ha ceduto, provocando una fuga di gas e costringendo all’evacuazione di quattro appartamenti. Qualche giorno dopo via Cancelliere, a Castelletto, è stata chiusa tra il civico 45 e la galleria di via Capraia per una profonda crepa – presente da diversi anni – nel muraglione del civico 44. Andando indietro nel tempo, un anno fa in via Piaggio era crollato un muraglione, una famiglia evacuata. E ancora più indietro, restando a Castelletto, nel novembre 2023 il crollo del muraglione sormontato da un parcheggio in via Cabrini, con i residenti del piani terra dei palazzi di via Acquarone ancora fuori casa oggi.

Il tema della fragilità del territorio a Genova e in Liguria è noto e sentito, ma a in città ci sono alcuni quartieri che sembrano più permeabili ai cedimenti. È il caso di Castelletto, appunto, ma anche del Lagaccio, dove di recente è stata nuovamente segnalata una profonda crepa sul muraglione tra via Napoli e il nuovo parco della ex caserma Gavoglio.

“Sicuramente è una questione legata alla fragilità del nostro territorio, al tema della conformazione – conferma Francesca Salvarani, segretaria del Consiglio dell’Ordine Architetti di Genova – inoltre abbiamo sempre utilizzato costruzioni su terrazzamenti. Sinché viene fatta la manutenzione, il terrazzamento è un modo costruttivo valido per i territorio come i nostri dove c’è un’acclività importante, ma se non si fa un’adeguata manutenzione o si presta attenzione specifica, e determinati territori vengono abbandonati, insieme al cambiamento climatico e agli eventi calamitosi molto violenti va da sé che possono diventare una bomba a orologeria”.

Salvarani, a quando risale la costruzione dei palazzi e degli edifici di queste zone?

All’epoca post bellica. La Seconda guerra mondiale ha impattato sui nostri territori in modo pesante, Genova essendo città portuale e avendo una funzione strategica non è stata risparmiata dai bombardamenti. A quel punto si è concretizzata la necessità di costruire nuove abitazioni.

Qual è stata la ratio, nel costruire nuovi edifici?

Siamo andati incontro a un periodo economico difficile che imponeva una costruzione veloce e una risposta abitativa alle famiglie. Questo non ha aiutato, perché la fretta non è amica del buon costruire. Per dare questa risposta si è proceduto in modo molto veloce e soprattutto senza attenzione. Le costruzioni sono ravvicinate tra loro, gli spazi esistenziali minimi, non hanno il respiro che avrebbe garantito una manutenzione agevole. Le strade sono strette, le fondazioni interferiscono le une con le altre, le mura di grande altezza: davanti a spazi ristretti si è lavorato verso l’alto.

Parlando di Castelletto, però, sembrano esserci due quartieri diversi: quello addossato alla collina e quello che affaccia sui corsi.

Sicuramente tutti i tracciati dei viali alberati sono precedenti, poi in epoca di ricostruzione post bellica, andata avanti sino agli anni 60-70, si è iniziato a costruire per andare incontro alle richieste abitative della popolazione che cercava di avvicinarsi alla città. Anche la migrazione e l’abbandono di territori collinari, distanti e disagevoli ,per andare verso la città, è un fenomeno che esalta la difficoltà. Se la manutenzione non c’è a monte, le ricadute si hanno poi a valle.

Quali soluzioni ci sono per arginare un problema apparentemente destinato a peggiorare con il passare del tempo?

Ciò che stiamo facendo adesso deve essere aumentato nel futuro: è iniziata un’epoca di interventi e investimenti, lo abbiamo visto innanzitutto nella nostra città con strumenti come il Pnrr. Questi investimenti nel futuro devono allargarsi anche alle infrastrutture. Il piano Draghi, presentato nel 2024 per la strategia europea, evidenzia le criticità dei nostri territori, ed è necessario fare una politica di investimento che sia strutturale. Dovremmo iniziare a pensare che ci sono stati grandi investimenti nel periodo post seconda guerra mondiale per la ricostruzione, ma nel tempo non ci sono state ulteriori stagioni così attive nel riprendere le nostre infrastrutture. Le nostre città devono andare avanti mettendo in sicurezza le situazioni che oggi necessitano di manutenzione.

Ci sono altre criticità da affrontare come primarie?

Un altro aspetto molto importante è la vetustà di legislazione. La 1050 del 1942 è la legge urbanistica esistente, c’è necessità di rivedere i corpi normativi. Negli ultimi anni è iniziata la revisione del nuovo testo unico dell’edilizia e delle costruzioni, va affrontato in modo radicale per portare normative rispondenti alle attuali necessità, che ci permettano anche di muoverci con livelli di semplificazione maggiore. Il tema della burocrazia è un tema già affrontato con il Pnrr. In questo percorso va necessariamente inclusa la cittadinanza, con laboratori di coprogettazione che potrebbero stimolare una maggiore partecipazione e diversa consapevolezza delle problematiche, così da risolvere in modo tempestivo.

Quale ritiene sia, allora, la ricetta per mettere in sicurezza la città?

Siamo seguendo la revisione del piano urbanistico che il Comune di Genova sta portando avanti, che si allineerà con le nuove indicazioni legge regionale 6/21 e avrà una parte di piano urbanistico locale, ma ci sarà anche il piano dei servizi e delle infrastrutture. La legge urbanistica è molto datata e l’istituto nazionale di urbanistica ne ha proposta una nuova che si basa su principi completamente diversi, in particolare sul tema della rigenerazione urbana, che non vuol dire solo ristrutturare, ma anche avviare dei processi che rigenerano completamente degli ambiti attraverso la partecipazione della cittadinanza. Bisogna muoversi per tempo, anche con politiche di incentivi. Una modifica alla normativa del puc fatta nell’estate 2023 è stata inserire delle normative premianti per interventi basati sulla sostenibilità ambientale. In quest’ottica, come Ordine degli Architetti, riteniamo che sia importante contribuire alla crescita della cultura sulla rigenerazione urbana.




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