Puglia

Da Bari alla Nasa per lavorare sui robot che esplorano lo spazio, il 24enne Antonello Longo: “È il paradiso”


“È il paradiso”. Antonello Longo è estasiato, come quando ci si sveglia dopo un sogno mirabolante. A 24 anni, lo studente del Politecnico di Bari ha ricevuto un’offerta di lavoro dalla Nasa, e in particolare dal Jpl, il Jet propulsion laboratory, dopo un tirocinio di sei mesi nella sede di Pasadena, negli Stati Uniti. Lo stesso che ha sviluppato e costruito Perseverance, il rover che esplora Marte, per intenderci. “Ma non vorrei tagliare i ponti con il Politecnico – dice Longo – perché anche qui si può creare una bella realtà”.

Longo, di Castellana Grotte, si è diplomato come perito industriale informatico. “Allora, in un’esperienza di alternanza scuola-lavoro, ho conosciuto il professor Dino Guaragnella, che coordina il laboratorio di sistemi e segnali per la telecomunicazione al Politecnico – racconta Longo – E quindi già quando avevo iniziato la triennale in Ingegneria informatica e dell’automazione studiavo e al contempo ero impegnato nell’attività di ricerca per quel laboratorio. Perché non solo potevo mettere in pratica quello che imparavo durante le lezioni, ma volevo andare oltre quello che studiavo. Mi piace la programmazione, una passione che ho dalle superiori, ma assieme al dottor Matteo Paglieri (anche lui ha lavorato per la Nasa) ci siamo concentrati sulla robotica autonoma”. In particolare lavorano sull’esplorazione di ambienti estremi con l’utilizzo dei robot. Come i rover, per l’appunto.

Allora ha terminato la triennale nel luglio 2021 (laureandosi con 110 e lode) e poi ha iniziato la magistrale in ingegneria informatica con indirizzo artificial intelligence e machine learning, che ha quasi terminato: si laureerà probabilmente a febbraio. Il laboratorio del Politecnico collabora già con il Jpl, e per questo, per preparare la tesi di laurea, Longo ha deciso di inviare una candidatura per un tirocinio di sei mesi nella sede in California. Ed è stato accettato. “C’è stata una selezione, e mi hanno scelto perché avevo lavorato su temi e progetti di loro interesse sulla robotica autonoma. Nello specifico, loro hanno un piccolo team che lavora sulle missioni terrestri in grotte e ambienti ostili, sempre poi per applicazioni nello spazio, e io mi sarei dovuto unire a loro”.

Così è stato. A marzo è volato a Pasadena. “Ho dovuto trovare una sistemazione a Los Angeles e a cinque giorni dal mio arrivo ho iniziato il tirocinio. All’inizio avevo paura, perché non sapevo con cosa mi sarei andato a misurare, anche se poi ho scoperto che la mia preparazione era sufficiente per confrontarmi con quella realtà. E poi c’è stata una grandissima accoglienza: prima ho dovuto ritirare il badge con foto e impronte digitali, poi il mio mentor mi ha introdotto nel team, nel quale erano quasi tutti sudcoreani, persone fantastiche”. Poi tiene a fare una precisazione: “A proposito di cervelloni, vorrei sfatare questo mito: è sicuramente gente brillantissima, ma anche molto appassionata, che ha voglia di lavorare e anche di divertirsi. Tutto questo contribuisce a creare una bella atmosfera: c’è un pomeriggio dedicato al gelato, per esempio. Quando eravamo sotto pressione, ci davamo una mano, e prevaleva l’entusiasmo”. E così Longo è cresciuto, umanamente e professionalmente. “La crescita è stata esponenziale – aggiunge – anche grazie all’aiuto di chi mi guidava: non si viene buttati nel calderone”.

E così, una volta tornato il 15 settembre, la Nasa gli ha proposto di rimanere. “Ora sto valutando, perché il mio sogno sarebbe tornare lì: nell’ambito della robotica, Jpl e la California sono il paradiso. Adesso sto cercando di capire, anche grazie all’aiuto del professore, come poterlo fare. La via più semplice sarebbe un percorso di dottorato”. Il Politecnico dovrebbe però stringere un accordo con un’università americana. “Ma vorrei comunque continuare, anche dagli Stati Uniti, a fare ricerca per il laboratorio nel quale sono attualmente”. Perché? “Non voglio tagliare completamente i ponti con il Politecnico e il professore, perché per me è un punto di riferimento importante. E comunque vorremmo cercare di creare una bella realtà anche qui. Perché si può”.


Source link

articoli Correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Translate »