Crotone, il consigliere Devona replica a Intrieri: «Ho diritto di fare politica anche se mio fratello è condannato per mafia»
Intervista a tutto campo al capogruppo del Pd al Comune di Crotone, Devona replica a Intrieri, prende le distanze dal fratello condannato e racconta un dramma familiare
CROTONE – Non ce la fa più a “difendersi” dal fatto di essere il fratello di Rocco Devona, condannato in via definitiva per associazione mafiosa per aver svolto un ruolo apicale all’interno della cosca Megna. Andrea Devona, capogruppo consiliare del Pd al Comune di Crotone, con un passato da professionista nel mondo del calcio (è stato il secondo portiere del Catanzaro in C2), soffre molto per quel suo fratello detenuto, dal quale ha preso da tempo le distanze.
DEVONA, RACCONTO DI UN DRAMMA FAMILIARE
Era con lui su un’auto quando suo fratello sfuggì a un agguato, chiedendo al conducente di accelerare mentre un commando di incappucciati, armati di fucile e pistola, facevano fuoco, nel febbraio 2013. Soffre anche per come i suoi genitori, assolutamente incensurati, vivono questa situazione. E soffre per le critiche che, anche di recente, gli vengono mosse, per il fatto stesso di fare politica, da un’ex deputata del Pd, Marilina Intrieri, che, commentando il risultato delle elezioni regionali proprio sul Quotidiano, lo tira in ballo per «vincoli familiari che cozzano con il profilo antimafia del partito e di due grandi suoi esponenti come Pio La Torre e Piersanti Mattarella».
Consigliere Devona, perché alcuni passaggi dell’intervento di Intrieri l’hanno fatta infuriare?
«Io con contesti di ‘ndrangheta non c’entro proprio nulla e voglio essere giudicato per le mie azioni, anche dal punto di vista politico. Il vittimismo non mi appartiene. So io quello che ho vissuto. La mia reputazione è specchiata. La mia condotta personale è immacolata. Non accetto lezioni di moralità dai campioni del trasformismo politico e da chi assume toni inquisitori nei miei confronti o nei confronti del Pd pur professando, a parole, iper garantismo. Ad esempio quando considera un “paradosso della politica”, scrivendo sempre sul Quotidiano, la segnalazione degli “impresentabili”, imputati di concorso esterno in associazione mafiosa, da parte della Commissione parlamentare antimafia.
Eppure, secondo alcuni elementi di indagine della Dda di Reggio Calabria, era lei a chiedere consigli all’ex deputato Psdi Paolo Romeo, che poi sarebbe stato condannato come capo della “cupola degli invisibili”, quando già era stato condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Leggendo quell’articolo non v’è chi non colga che si sia trattato dell’ennesimo, ingiustificato attacco alla mia persona. Del tutto gratuitamente, Intrieri si è sbizzarrita in un deliberato attacco personale finalizzato, esclusivamente, ad aggredire la mia sfera morale. Chi – come me – crede che il confronto politico debba sempre rispondere a principi di correttezza, non può che dissentire».
In effetti, lei non è mai stato formalmente indagato…
«Infatti, è “bizzarro” che chi, come Intrieri, abbia mostrato un piglio estremamente garantista a favore di imputati per concorso esterno in associazione mafiosa, oggi, nel triste tentativo di attaccare me e il mio partito, tiri in ballo parentele dalle quali ho preso pubblicamente distanza. Lo Statuto del Pd non prevede alcun divieto di iscrizione e/o di partecipazione politica attiva per i parenti di condannati per mafia. Dunque, per il nostro Statuto non è la parentela in sé a costituire motivo di esclusione. Lo sono eventuali comportamenti personali contrari ai principi del partito. L’approccio è coerente con una visione garantista e inclusiva, che distingue – come il codice penale da sempre insegna – tra responsabilità individuale e legami familiari. La moralità in politica significa anche non cambiare continuamente casacca a seconda di come tira il vento».
Si riferisce all’atteggiamento politicamente ondivago di Intrieri?
«Come si fa ad accettare lezioni di moralità da parte dell’ex esponente politico di Dc, Ppi, Cdu, Cs, Ds, Pd, Udeur che con indifferenza è passata da centrosinistra a centrodestra non rispettando le regole del gioco?. Ricordo, poi, un episodio su tutti che è rinvenibile anche sui profili social dell’ex esponente parlamentare dell’Ulivo. Durante le amministrative del 2020, oltre ad avere partecipato, anche insieme a me, ad incontri politici per la composizione delle liste, ha sostenuto, facendo campagna elettorale, un mio cugino diretto, insieme al candidato a sindaco Danilo Arcuri.
Oggi, la stessa Intrieri, in quell’articolo sul Quotidiano, accusa me di essere stato candidato in una lista diversa dal Pd (che, peraltro, in quella tornata non ha neanche presentato il simbolo). Ma ricordo anche che durante le riunioni di partito veniva spesso a sedersi accanto a me facendo bonariamente battute sulla mia giovane età, anche per incoraggiare la partecipazione dei giovani alla politica».
Cosa significa avere in famiglia un condannato in via definitiva per associazione mafiosa?
«Potrei vestire i panni della vittima e dire che significa, quotidianamente, fare i conti con il pregiudizio e l’ignoranza di chi è abituato a giudicare senza conoscere. Tante volte, in famiglia, abbiamo commentato le scelte scellerate di mio fratello che si è rovinato la vita e l’ha rovinata anche a noi. Il vittimismo, però, non mi appartiene. Proprio questa situazione mi ha indotto a riservare una particolare attenzione sul mio operato. Posso vantare una reputazione specchiata e una condotta personale immacolata. Spesso vengo additato come uno “di Papanice”, perché i miei genitori sono originari di Papanice o come se essere di Papanice equivalga a un marchio di mafiosità. Ma sono residente a Crotone».
Cosa ricorda dell’arresto di suo fratello?
«Lo ricordo con profondo sgomento e amarezza. All’epoca avevo 20 anni, ero entusiasta della vita. Ero sereno. Giocavo in serie D, nel Castrovillari, con ben 50 presenze all’attivo. Contemporaneamente, studiavo all’università di Cosenza e avevo sostenuto con successo tutti gli esami. Fu devastante confrontarmi soprattutto con il dolore dei miei genitori. Entrambi onesti lavoratori, che hanno dedicato tutta la vita alla famiglia e agli affetti».
Lei ha un anche cugino coinvolto in un’altra inchiesta della Dda di Catanzaro. Giancarlo Devona, l’ex segretario particolare del governatore Mario Oliverio, tra gli imputati del maxi processo Glicine-Acheronte…
«Come ha detto correttamente, ad oggi è imputato per fatti ancora al vaglio delle autorità competenti, nelle quali ripongo profonda fiducia e che godono della mia stima per il lavoro che svolgono quotidianamente. Sono, tuttavia, fermamente convinto che Giancarlo dimostrerà la sua innocenza nelle aule giudiziarie».
La sua famiglia proviene dal quartiere-paese di Papanice, dove è stanziata la cosca attualmente egemone a Crotone. Una cosca in grado di reclutare hacker. Fermo restando che la responsabilità penale è individuale, cosa può fare la politica per contrastare le ingerenze della criminalità organizzata nella gestione della cosa pubblica?
«Non accetto l’equazione Papanice=criminalità organizzata. Questo quartiere ha dato i natali a stimati professionisti ed imprenditori ed è abitato da tantissima gente che lavora duramente e onestamente, ai quali si farebbe un grave torto se si facesse di tutta l’erba un fascio. La criminalità più pericolosa per la res publica non è più solo quella che vivacchia nei quartieri più deboli delle città. Il malaffare si annida tra le pieghe della presunta “alta società”, tra i giochi di potere dell’associazionismo d’élite, tra le scelte silenziose delle lobby di colletti bianchi. Questo è il sistema che, da sempre, ho scelto di combattere perché io sono orgogliosamente un uomo che viene dal popolo e al popolo ha scelto di appartenere».
Delinquenti non si nasce, ma si diventa, soprattutto vivendo in certi ambienti in cui vigono il codice d’onore della ‘ndrangheta, l’omertà, disvalori assorbiti dai ragazzi che vivono in contesti criminali. Come giudica il protocollo Liberi di scegliere?
«Le iniziative sociali in questo senso non possono che essere condivise, poiché rappresentano un sostegno per coloro che scelgono di affrancarsi da certi ambienti e certe logiche. Tuttavia, ritengo che una simile scelta debba essere frutto di un cambiamento culturale profondo, che debba trarre origine nei luoghi ove l’individuo si forma.
La scuola in primo luogo. Del pari, poiché purtroppo oggi chi sceglie di allontanarsi da certi ambienti, a differenza dei testimoni e dei collaboratori di giustizia, non ha diritto ad alcuna tutela da parte dello Stato, da uomo politico auspico che il Parlamento si occupi quanto prima di emanare una legge ad hoc. Pur apprezzando e valorizzando il contributo del Terzo Settore, è importante sottolineare che resta precipuo compito dello Stato farsi presenza concreta nei territori più svantaggiati, anche nell’ottica del recupero autentico di chi, scontata la propria pena, ha diritto di essere reintegrato, attraverso l’inserimento lavorativo, nella società civile».
La sua analisi del voto, invece?
«Senza tralasciare la notevole incidenza dell’astensionismo, credo che il risultato negativo registrato a Crotone dal Pd sia la conseguenza del grave “scollamento” tra la segreteria cittadina e i crotonesi. Proprio per tale ragione, mesi addietro mi sono fermamente opposto alla rielezione della segretaria cittadina che, a mio avviso, non ha supportato politicamente le battaglie e le iniziative che, in questi cinque anni, ho svolto all’interno del consiglio comunale».
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