Cristina D’Avena e le sue foto trasformate in immagini porno: «Sporcano la mia vita»
«I paparazzi si arrampicavano sugli alberi sperando mi slacciassi il costume al mare, ma io ci sono sempre stata attenta: non prendevo il sole in topless nemmeno a casa mia». Cristina D’Avena, da sempre, si è impegnata a non creare scandali e conservare un’immagine di sé ultra pulita. Eppure, come capitato di recente ad altre donne famose, ha trovato sue foto su un sito con materiale hot. O meglio, c’è chi ha rubato dal web suoi scatti e, manipolandoli con l’AI, li ha trasformati in «foto porno».
«Ero talmente scossa dalla scoperta di quel sito, che credevo non ci fosse niente da commentare», ha rivelato al Corriere della Sera, sottolineando come quelle immagini in cui appare nuda, sono fuori dalle sue idee e dal suo modo di pensare. «Si parla di intelligenza artificiale, ma a me sembrano fotomontaggi: il mio viso montato sul corpo di altre persone», ha aggiunto. «Mi ha fatto veramente schifo scoprire queste cose, la considero una violazione verso di me e pure verso le donne in generale».
La cosa tremenda, ha ricordato la cantante emiliana, è il furto di memorie al quale si può essere molto affezionati: «Non sono foto vere, certo, quella non sono io, quindi non provo vergogna. Ma sono andati a rubare scatti fatti in momenti belli, importanti, e li hanno sporcati». Un concetto che l’artista ripete più volte. «Vedermi rappresentata così, sporca sia la mia immagine che non ho mai voluto sporcare, sia la mia vita vera, i miei ricordi impressi nelle foto. Mi fa schifo, oltre a spaventarmi».
L’artista è legittimamente impaurita dai danni che in futuro potrebbe fare questa applicazione della tecnologia: «Potrebbero esserci filmati, oppure potrebbero farci dire cose che non abbiamo detto. È pericoloso, bisogna regolamentare». Nel frattempo ha annunciato che proverà a far partire «un’azione congiunta» con le altre persone coinvolte in questa situazione, e ai sette milioni di utenti che visitano quel sito ha consigliato di «recuperare la purezza della loro infanzia». «La parità di genere? Siamo ancora un bel po’ lontani».
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