Umbria

Covid in gravidanza: maggiori possibilità di sviluppare autismo o ritardi. Lo studio


Un recente studio pubblicato sulla rivista Obstetrics and Gynecology segnala un’associazione tra infezione da Covid‑19 in gravidanza e maggiore probabilità, pur bassa in termini assoluti, che il bambino sviluppi disturbi neuro-evolutivi (autismo o ritardi nel linguaggio e nelle capacità motorie). Lo studio ha analizzato oltre 18.100 nascite in Massachusetts, coprendo il periodo dai primi mesi della pandemia fino alla metà del 2021, dunque prima dell’efficace diffusione della vaccinazione negli Stati Uniti.

Gli autori precisano che, trattandosi di una ricerca osservazionale, non è dimostrato un rapporto causale tra infezione materna e esiti, bensì un’associazione: il rischio per le donne contagiate risulta più elevato, ma «rimane comunque molto basso».

Nel periodo della prima ondata italiana della pandemia, lo studio nazionale Italian Obstetric Surveillance System (ItOSS) ha rilevato tra le donne partorienti italiane un’incidenza di infezione da Sars-CoV-2 pari a 2,9 casi per 1.000 parti nel periodo 25 febbraio–30 settembre 2020; nel Centro Italia, che comprende l’Umbria, la stima era circa 1,6/1.000. Parallelamente, la regione registra da tempo un significativo calo delle nascite: dal 2018 il numero annuo è sceso stabilmente al di sotto delle 6.000 unità, e dal 2022 sotto le 5.000 nascite annue.

Questi elementi suggeriscono che, seppure l’effetto specifico dell’infezione in gravidanza non sia ancora quantificato a livello umbro, la congiunzione tra bassa natalità, età materna elevata e impatto pandemico nella regione impone una riflessione attenta. La vaccinazione durante la gravidanza, pur non esclusivamente mirata a evitare gli esiti segnalati, risulta una misura che protegge la madre e indirettamente il bambino. Lo studio ricorda che «non significa che ogni donna incinta con il Covid-19 debba pensare che suo figlio avrà l’autismo».

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