Così lavoreremo per costruire l’alternativa alle destre
Luigi Tosiani è stato rieletto segretario del Partito Democratico dell’Emilia-Romagna, con il sostegno unitario di tutto il partito regionale. Riformista per formazione, ha costruito il suo percorso politico a Bologna, dove è stato vicepresidente del quartiere San Vitale e ha ricoperto tutti i principali incarichi nella federazione provinciale, fino alla segreteria. Laureato in Giurisprudenza, guiderà il Pd per un secondo mandato (il primo iniziato nel 2021) e si prepara a rafforzare la presenza del partito nei territori e a rilanciarne il profilo politico e organizzativo.
Sta per iniziare il suo secondo mandato alla guida del Pd regionale. In cosa sarà diverso dal primo? Ha in mente un’agenda per i primi 100 giorni?
Quelli alle spalle sono stati anni intensissimi ed impegnativi, ricchi di soddisfazioni. Dalle amministrative alle europee, fino alle regionali abbiamo costruito vittorie e percorsi importanti, frutto di un lavoro di squadra che rivendico.
È tempo di nuove sfide, di una politica ed un Pd sempre più forte e popolare, per costruire l’alternativa alle destre nel Paese; partiremo dalle comunità più piccole, da quei luoghi spesso lontani dalle grandi città, dove occorre recuperare consenso e radicamento, dove occorre battersi per una politica che sia davvero di prossimità. Lo faremo insieme, strada per strada, voce per voce.
Quali sono oggi le principali sfide del Partito Democratico in Emilia-Romagna, e in particolare nell’area metropolitana di Bologna?
Le grandi sfide del nostro tempo. Ovvero il rilancio della sanità e della scuola pubblica, il lavoro e le sue trasformazioni, l’ambiente, la questione della casa, l’impatto dell’intelligenza artificiale. Innovare per competere nel mondo, garantire servizi di qualità e sostenere le comunità, a partire dai bisogni dei più fragili, senza lasciare indietro nessuno. Sfide complesse nel mondo di oggi, ma che possiamo vincere tenendoci stretti il nostro senso di comunità.
Chi compone oggi la base che la sostiene nel partito? Esiste ancora una geografia interna delle correnti o la fase è superata?
Non sono stato l’unico candidato nel congresso, ma quello unitario. Frutto del lavoro che abbiamo fatto con i territori, gli amministratori ed i circoli, della consapevolezza che c’è una comunità che viene prima dei singoli, che l’unità non possiamo solo invocarla, ma la dobbiamo praticare a partire da noi stessi. Abbiamo ottenuto risultati importanti anche per questo, perché capaci di essere oggi uniti e plurali, pronti ad affrontare le sfide che ci attendono.
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A livello nazionale, cosa serve al Pd per tornare competitivo contro la destra? Il “campo largo” è ancora la strada giusta?
In questi anni, grazie al lavoro di Elly Schlein e di tutte e tutti noi abbiamo recuperato terreno, protagonismo e radicamento, ed i risultati hanno premiato questo sforzo. Bisogna continuare su questa strada, allargare e costruire un progetto di governo per l’Italia. Con approccio unitario, insieme alle altre forze alternative alle destre, valorizzando le battaglie comuni di questi anni, per migliorare le condizioni materiali di vita delle persone.
In vista delle elezioni del 2027, quali prospettive vede per il centrosinistra?
Lo abbiamo detto e vogliamo esserne conseguenti, conquistare la fiducia per tornare al governo del Paese. Per un’Italia più giusta, forte, coesa. La battaglia per l’alternativa è oggi l’architrave del nostro impegno, e dall’Emilia-Romagna vogliamo dare un contributo importante per ottenere questo risultato, anche attraverso le sfide che coinvolgeranno molte città e diversi comuni capoluogo nei prossimi due anni.
Come giudica il lavoro svolto da Federica Mazzoni alla guida della federazione provinciale di Bologna? E che aspettative ha per il nuovo segretario Enrico Di Stasi?
Federica Mazzoni ha fatto un lavoro importante in una fase complessa, voglio ringraziarla, anche per la generosità dimostrata. Ho grande fiducia nel lavoro e nelle qualità di Enrico Di Stasi, stiamo lavorando fianco a fianco, investendo insieme in una prospettiva comune che farà bene alla nostra comunità politica. Il congresso ci restituisce un partito vivo, appassionato, al servizio delle persone e dei territori; insieme lo renderemo sempre più forte.
C’è abbastanza spazio per i giovani nel Partito Democratico? Cosa dovrebbero fare per contare di più?
Quando nacque il Pd, nel 2007, si disse che o sarebbe stato il partito dei giovani e delle donne, o non sarebbe stato il Partito Democratico. Se devo essere sincero, non siamo stati sempre capaci di corrispondere fino in fondo quell’impegno ambizioso. Ma oggi ci sono le condizioni per cambiare e fare ancora meglio: il protagonismo giovanile esiste già, nelle istituzioni e nel partito, e può crescere, se chi ha ruoli di responsabilità è disposto dare fiducia, e se i giovani hanno il coraggio e la volontà politica di essere sempre più protagonisti.
Il punto non è solo negli incarichi, ma quanto si riesce ad incidere nelle politiche, nelle scelte del partito. Viviamo un tempo in cui una generazione è sospesa tra aspettative e precarietà, ma ha ancora tanta voglia di fare politica. Mi infastidisce molto sentire che i giovani non si impegnano: non è vero, si impegnano eccome, magari con forme, in luoghi e tempi diversi. Sta a noi essere capaci di ascoltarli, e a loro rendere quel protagonismo un’onda capace di generare nuovi spazi ed nuova rappresentanza.
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