Umbria

Così la nostra nonviolenza salpa con la Flotilla


Francesco Capponi ha restaurato l’opera murale che omaggia Aldo Capitini accanto alla galleria Kennedy a Perugia.

In un lungo post su Facebook, Capponi racconta del lavoro e del legame con l’attualità, la necessità di pace perorata da Capitini e chiesta da molti, guardando all’Ucraina, ma soprattutto alla Terra Santa, al conflitto tra israeliani e palestinesi.

“Alla fine siamo riusciti a terminarlo entro la partenza delle navi. Sentivamo la necessità di fare qualcosa, anche se nel concreto magari può apparire poco utile. È un modo per ribadire di non restare in silenzio, per mandare il cuore oltre il Mediterraneo”. Con queste parole, Capponi racconta il senso del gesto compiuto: ridipingere di rosso un enorme arco di legno che chiude un tunnel abbandonato in città, un “palco” conquistato anni fa e diventato simbolo di pace.

L’azione, dedicata alla Global Sumud Flotilla – la flottiglia partita per rompere pacificamente l’assedio su Gaza – nasce da un bisogno urgente di partecipazione. “La partenza della Flotilla ha stappato un sentimento che ci comprimeva il petto da almeno due anni – spiega l’ideatore – Quelle persone, insieme agli aiuti umanitari, portano i loro corpi, e con loro portano tutti noi. Ci salvano dalla vergogna dei nostri governi complici e ignavi”.

L’artista, che si firma con un riferimento alla nonviolenza, cita la lezione di Aldo Capitini: “La pace si costruisce ogni giorno non accettando le ingiustizie, non restando passivi ma lottando per ottenerla e difendendola senza sosta. Loro romperanno pacificamente un assedio, noi dobbiamo proteggerli da qui in ogni modo. Soprattutto non dobbiamo più restare in silenzio davanti all’annientamento sistematico e disumano del popolo palestinese”.

Il gesto, apparentemente piccolo, diventa così un atto politico e profondamente simbolico. “Avrei voluto andar per mare con loro ma sono umbro, sarei stato inutile e a malapena so nuotare”, scherza. “Allora pur di non restare inerte, ho preso un secchio di vernice rossa”. Insieme a una “ciurma improvvisata” di amici – Emanuele, Jose, Meri Tancredi e la compagna Emanuela – ha ridato vita all’installazione, che ora “è diventata compartecipata, come avrebbe detto Capitini. È loro e della città di Perugia”.

Sull’arco, un orologio civico senza lancette sostituisce quello che nel 2019 segnava “due minuti a mezzanotte”, come il Doomsday Clock che misura il pericolo di un’apocalisse nucleare. “La Palestina è un giro di boa: se salviamo il suo popolo potremo pensare di salvare la pace e noi stessi. Non c’è altro tempo, il tempo è ora”.

L’opera, restaurata con vernice rosso sangue, è ora un monito permanente e un faro. È dedicata “Ad Aldo Capitini, a chi resiste, a chi marcia e a chi naviga per costruire pace. Restiamo umani”.

 


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