Lazio

così la banda “ripuliva” i soldi tra Roma e Dubai

Un dedalo di società estere, immobili schermati da prestanome, conti offshore e denaro contante che scorreva silenzioso tra Roma, Bratislava e Dubai. Sembra la trama di un film, e invece è tutto vero.

A ricostruire il puzzle è stata un’indagine congiunta tra Guardia di Finanza e Polizia di Stato, coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma, che ha portato all’emissione di 7 misure cautelari personali e al sequestro di beni per circa 5 milioni di euro.

Al centro dell’indagine, un’organizzazione criminale sofisticata e ben ramificata, con oltre 30 persone coinvolte a vario titolo. Una vera e propria “centrale del riciclaggio” capace di incrociare l’offerta di denaro illecito con la domanda di contanti da immettere nei circuiti legali.

Il tutto orchestrato attraverso una complessa architettura societaria internazionale con basi tra Slovacchia, Emirati Arabi e Regno Unito, ma con le radici ben piantate nella Capitale.

Dagli arresti ai sequestri: ecco chi sono gli indagati

Due consulenti finanziari e un imprenditore romano, ritenuti tra i registi del sistema, sono finiti agli arresti domiciliari. Uno dei due consulenti avrebbe gestito trasformazioni societarie ad hoc per far rientrare capitali di dubbia origine, mentre l’altro – secondo le accuse – si muoveva tra esportazioni illecite di opere d’arte e progetti milionari. L’imprenditore, noto immobiliarista della scena romana, avrebbe invece gestito un ingente patrimonio attraverso prestanome e società di facciata.

Per altri quattro soggetti, tra cui un imprenditore edile di origine albanese e un manager milanese, il giudice ha disposto la misura dell’obbligo di dimora. I reati contestati spaziano dalla truffa aggravata per il conseguimento di fondi pubblici al riciclaggio, fino all’autoriciclaggio e alla fittizia intestazione di beni.

L’economia legale nel mirino

Durante le indagini è emerso come i capitali illeciti venissero abilmente reinvestiti in società operative sul territorio nazionale, spesso accedendo indebitamente a linee di credito garantite dallo Stato.

L’obiettivo? Inquinare il tessuto economico legale e creare un circuito parallelo in cui la concorrenza fosse truccata a vantaggio degli “insospettabili” orchestratori.

Il sequestro – disposto dal Tribunale – ha riguardato beni mobili e immobili fino a coprire un valore complessivo di 5 milioni di euro. Tra i primi colpi messi a segno dagli inquirenti: il ritrovamento di 100mila euro in contanti e di un’opera d’arte attribuita a Francisco Goya, nascosta come una reliquia in un caveau.

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