Politica

Cosa può dire la psicanalisi di questa guerra?

Non sembri di volere buttare la palla in tribuna di fronte a uno scontro militare e politico così sconquassato e grave, ma in questi giorni per Astrolabio è uscito un libro da leggere così da avere un po’ di riserve nella dispensa dei nostri pensieri. Il libro si intitola “Tempi di guerra. Un altro ascolto” (pag. 151) e l’autrice è Gabriella Ripa di Meana, psicanalista mai ortodossa, grande istruttrice dell’inconscio al cui studio ha dedicato le sue riflessioni.

Quindi in questi “tempi di guerra” non trova tregua la domanda: perché l’essere umano non riesce a rinunciare alla guerra? Lo scontro di interessi, le terre rare, e le mire espansionistiche della Russia in Ucraina, il nodo mediorientale non toccano però l’aspetto profondissimo e feroce dello scontro. Cosa ci destina alla guerra?

Da sempre intellettuali di prima grandezza hanno affrontato la questione, da Freud a Einstein da Hillman a Simone Weil e Jung, e per tutti al centro è il rapporto con “l’altro”. La ferita è che “l’Io non è padrone in casa propria”. Ma il passaggio più illuminante è quello che dice: la scomparsa “dell’altro” a lungo andare convoca la guerra. E ancora: in guerra l’ego di ogni fazione si fa immenso soverchiante e straniero, si nutre solo dell’annichilimento dell’altro demonizzando quell’abitate straniero che è in ciascuno di noi.

Occorre un po’ di dimestichezza con le parole della psicanalisi – senza stravolgerle in luoghi comuni – per seguire il ragionamento che porta al vocabolario del libro: fanatismo, l’ospite inatteso, l’irruzione dell’altro individua il nostro io, nous sommes tous des cannibales.

Seguire il percorso di pensiero.


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