cosa imparare dalla successione papale
I problemi legati alla successione non mancano neppure nelle grandi aziende, dove la transizione da un leader a un altro porta spesso con sé turbative in fatto di assestamento. «Nel caso di un leader trasformatore e di profonda discontinuità – precisa in proposito Frattini – si ha il possibile stato di crisi e sono diverse gli studi che confermano come, al presentarsi di questa ipotesi, sia molto probabile che si verifichi il problema: il nuovo leader vuole aggrapparsi completamente al modello del predecessore, improntato alla novità, ma l’applicazione della stessa ricetta non funziona oppure vuole distinguersi troppo e si allontana in maniera eccessiva dalla legacy del precedente, fallendo».
Come affrontare queste situazioni? A precisa domanda, il Dean di Polimi GSoM evidenzia due linee di condotta che permettono di gestire la transizione senza scossoni: reinterpretando la legacy del passato ma in chiave innovativa e rimanendo ancorati ad elementi cardine preesistenti ma adattandoli al contesto che cambia; garantendo la continuità della C-suite che governerà l’organizzazione nel nuovo mandato.
Spesso, osserva ancora Frattini, «la successione è concepita come un evento, mentre in realtà è un processo che va codificato, che inizia molto prima nel tempo. Un passo fondamentale nei passaggi di leadership è legato alla capacità di coltivare i talenti che diventeranno i portatori della visione nella nuova gestione dell’azienda e alla capacità di portare il passato nel futuro. Il leader – aggiunge – non esercita la leadership da solo ma solo se plasma la cultura dell’organizzazione, integrandone e interiorizzandone i valori, soprattutto quelli legate alle persone».
Esiste il rischio che un’eccessiva attenzione al processo di successione possa allontanare il focus dell’impresa dagli obiettivi di business? Non lo si può escludere, ma tale rischio, secondo Frattini, non si presenta se il mandato è medio lungo: nei primi anni si punta al risultato, negli ultimi due/tre anni di carica si lavora al tema delle persone che devono garantire continuità.
Una delle fasi più critiche della transizione di leadership è sicuramente la scelta del successore. Nella Chiesa cattolica c’è un elemento fondamentale a caratterizzare questo momento ed è la capacità di attivare un processo che permette una valutazione profonda, ampia e dibattuta delle competenze di tecniche, umane e valoriali del nuovo Papa. La transizione della leadership è quindi un processo culturale e non solo tecnico. Nelle aziende, il tempo per applicare questo modello molto spesso non c’è e di conseguenza serve costruire un meccanismo virtuoso per far passare nel board la cultura della transizione, strutturando in modo condiviso il coinvolgimento della prospettiva esterna. «I simboli e i riti della Chiesa – conclude la propria analisi il Dean di Polimi – sono elementi che danno rilevanza al momento del passaggio, ne consacrano l’importanza e la centralità nella cultura dell’organizzazione. L’aspetto rituale è importante, e lo potrebbe essere anche per il passaggio da un Ceo all’altro. L’obiettivo da raggiungere è preparare la successione garantendo la continuità, in termini di modernità e apertura. E non dobbiamo dimenticare un elemento: per il bene dell’organizzazione, alla leadership si può anche rinunciare. Papa Benedetto XVI l’ha fatto, nelle aziende è molto difficile che questo succeda e normalmente la successione avviene per contratto».
Source link