Marche

Corpo ritrovato in un cantiere edile: condannato l’amministratore dell’impresa, assolto l’addetto alla sicurezza

TRIBUNALE – La sentenza della Corte d’Appello di Ancona. Gli imputati erano finiti sotto accusa per omicidio colposo e per presunte violazioni della normativa antinfortunistica e delle prescrizioni del permesso di costruire in relazione alla recinzione del cantiere dove era stato ritrovato senza vita l’uomo

di Alessandro Luzi

Cadavere ritrovato in un cantiere edile: condannato l’amministratore dell’impresa, prosciolto l’architetto coordinatore alla sicurezza. Così martedì ha deciso la Corte d’Appello di Ancona che ha confermato l’assoluzione dell’architetto «perchè il fatto non sussiste» e condannato a un anno l’amministratore (pena sospesa). I giudici hanno dichiarato inammissibile la posizione della ditta. Gli imputati erano finiti sotto accusa per omicidio colposo e per presunte violazioni della normativa antinfortunistica e delle prescrizioni del permesso di costruire in relazione alla recinzione del cantiere dove era stato ritrovato senza vita l’uomo.

Il corpo era stato trovato all’alba del 28 marzo 2019. L’uomo, un 71enne di Rapagnano, era scomparso dopo che con la moglie era andato al pronto soccorso per accertamenti per poi essere dimesso in piena notte. l’uomo, uscito dal nosocomio, non ricordando dove aveva parcheggiato l’auto, nel cercarla aveva finito per allontanarsi e far perdere le sue tracce. Poi la drammatica scoperta del corpo all’interno del cantiere dove era entrato per ragioni mai chiarite. In particolare, durante il processo di è discusso sulle responsabilità relative alla morte del 71enne.
L’autopsia aveva stabilito che l’uomo era morto per un arresto cardiaco dovuto al trauma ed alle fratture riportate. Da lì la Procura di Fermo aveva aperto un fascicolo per omicidio colposo, in un primo tempo verificando l’eventuale responsabilità dei sanitari del pronto soccorso, poi riconsiderando le caratteristiche e lo stato del cantiere edile.

Dopo il confronto delle consulenze tecniche e delle diverse ricostruzioni delle difese, il gup del tribunale di Fermo aveva disposto una perizia d’ufficio. Il giudice aveva assolto tutte le parti con formula piena. La procura e le parti civili avevano fatto appello insistendo per la condanna di entrambi gli imputati e della società costruttrice. La procura generale ha invece rinunciato all’impugnazione dell’assoluzione a favore della società (coinvolta ai sensi della legge “231”, che disciplina la responsabilità delle persone giuridiche per gli illeciti commessi dagli amministratori e impone agli operanti in settori “a rischio” di adottare dei “modelli di organizzazione e gestione”, sia in ottica di prevenzione che “riparativa”, visti gli incentivi della possibile riduzione o esclusione delle sanzioni applicabili in caso di condanna).

In secondo grado è arrivata la conferma dell’assoluzione dell’architetto, difeso dagli avvocati Oliviero Franchi e Daniele Cardinali, e condannato l’amministratore a un anno e al risarcimento danni nei confronti dei familiari del 71enne che, tramite i legali Valeria Attili e Guido Luccisano, si erano costituite parti civili. A difendere l’amministratore l’avvocato Andrea Albanesi.

«Innanzitutto ribadiamo il rispetto e l’umana compartecipazione del nostro assistito per la sfortunata tragedia che ha colpito la vittima e la sua famiglia e da cui è scaturito questo delicato e doloroso procedimento – hanno detto gli avvocati Cardinali e Franchi -. In attesa di leggere le motivazioni della Corte d’Appello, non possiamo che manifestare la nostra soddisfazione per l’esito di questo giudizio di secondo grado, che riconferma l’insussistenza dell’ipotesi di reato a carico del professionista nostro assistito, nuovamente assolto con formula piena».

«Le parti civili rappresentano la loro soddisfazione per il patteggiamento sui motivi di appello richiesto dalla difesa dell’imprenditore edile  – affermano i legali Attili e Luccisano -. La scelta processuale è seguita, in appello, ad una sentenza di primo grado di assoluzione. Probabilmente, il rischio di una possibile condanna con misura interdittiva ha condotto alla scelta processuale che rappresenta un importante risultato per una famiglia che da diversi anni si è battuta per avere giustizia, con il supporto della procura della Repubblica che ha presentato appello contro la sentenza del Gup di Fermo. È triste che in tale contesto le assicurazioni per la responsabilità civile non abbiano svolto alcun ruolo di tutela in favore delle vittime che hanno dovuto affrontare tutte le spese autonomamente.
La Corte di Appello di Ancona ha condannato l’imputato a rifondere le spese dei due gradi di giudizio ed al risarcimento del danno da quantificarsi in sede civile».

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