Conte da avvocato del popolo a pm anti Pd. E i sondaggi gelano Schlein – Il Tempo

«Forza che ce la possiamo fare», l’incitamento del “comandante” alle truppe. Il riferimento è alle prime rilevazioni a caldo di Nando Pagnoncelli dopo le inchieste di Milano e di Pesaro: il Pd continua ascendere avvicinandosi paurosamente verso i minimi storici ed il M5S sale. Il grafico inchioda il Nazareno al 21,1 e fissa la prestazione dei post grillini al 14,3%, un distacco di meno di 7 punti. Giorgia Meloni stabile al 28%, guarda dall’alto la rissa degli sfidanti.
Paradossale la reazione del Pd, tappeti rossi all’invasore di via di Campo Marzio. Un vero e proprio inchino, «chiedo la clemenza signor giudice». Una subalternità evidente, una sorta di genuflessione all’alleato che può fare molto male alla coalizione. Non solo ad Ancona ma anche nelle altre Regioni che andranno al voto da settembre a novembre.

Un quarto grado preventivo istituito dal leader dei 5 Stelle, che da avvocato del popolo si trasforma in pubblico ministero anti Pd. Entra in confessionale Matteo Ricci, il candidato “congelato” nelle Marche: «A me è arrivato l’avviso di garanzia alle 15. Alle 17, sia lui chela Schlein, avevano già tutte le carte. Così io mi sono mosso dal primo minuto ed è giusto che leggano le carte».
Giuseppe Conte ha preso sul serio l’attività da svolgere e si è limitato ad emanare i principi generali: «L’avviso di garanzia non è una condanna, bisogna vedere se uno è onesto o meno». Troppa grazia signor giudice, si affretta a dire “l’imputato”, già sindaco di Pesaro: «Ho apprezzato molto le parole di Conte e sono molto contento dell’impegno di questi cinque mesi di lavoro».

Una nuova doccia gelata ad Ancona: un’altra rilevazione vede Francesco Acquaroli, Presidente in carica e candidato del centrodestra, decisamente in testa. Insomma piove sul bagnato. E l’eurodeputato intanto si imbarca in un tour propagandistico: «Ricci on the beach». Al Nazareno sanno che non c’è alternativa ai colpi di “testa” del partner, anzi l’ordine di scuderia è di accontentarlo in ogni modo, di spianargli la strada. Ieri si è incaricato di spiegarlo l’eurodeputato Sandro Ruotolo, un fedelissimo della segretaria: «Abbiamo il dovere di vincere, dobbiamo costruire la massima unità dovunque». In pratica una resa. Anche in Toscana, dove il M5S sta per imbarcarsi, riconoscendo la guida ad Eugenio Giani. Con un ricco premio in caso di vittoria: il Pd è pronto a riconoscergli qualche assessorato e forse persino la vicepresidenza. Ponti d’oro per farsi dettare la linea, come passare dalla vocazione maggioritaria a quella minoritaria.
Oltre alle Marche in attesa del giudizio politico dei post grillini (arriverà quando Ricci andrà in procura il 30 luglio), la Campania è di nuovo sottosopra. A Napoli a rischiare è il quasi aspirante Roberto Fico, l’anatema di Vincenzo De Luca rischia di pesare. Il governatore pretende almeno una rosa di nomi, i suoi preferitidentro il M5S- restano il vicepresidente della Camera Sergio Costa e la senatrice Mariolina Castellone. In pratica trattativa che riparte da zero, la “pistola” dello sceriffo è sul tavolo: senza accordo, ho sei liste pronte a rivendicare la mia eredità.

Acque agitatissime in Puglia, nessuno fa un passo indietro. A Bari i contendenti sono Antonio Decaro, candidato in pectore da un anno, ed il governatore in carica Michele Emiliano, che pretende un posto in lista nel prossimo Consiglio regionale. L’ex sindaco di Bari punta i piedi: «Sto bene a Bruxelles», un modo eloquente per dire semi volete convincete Emiliano a togliersi di torno.
Morale? Senza la resa di uno dei due contendenti, il Nazareno sarà costretto in extremis a rivolgersi al capogruppo dem Francesco Boccia.
L’estate rovente del Nazareno, non c’è pace intorno al campo largo.
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