Economia

Confindustria e il caro energia: “Va rivisto il sistema dei prezzi”

Torino — Le bollette più care e il rischio di nuovi dazi targati Trump sono i due elementi che turbano gli imprenditori italiani secondo il report congiunturale di Confindustria. Il costo più alto dell’energia non è un rischio, ma una certezza, visti gli aumenti del prezzo del gas tra fine dicembre e gennaio dovuti alla chiusura totale dei rubinetti dalla Russia. L’impennata rispetto a febbraio 2024 in Europa è stata consistente: da 26 a 48 euro/Mwh, toccando anche il picco dei 50. Una crescita dell’85,5%. E anche il petrolio è in rimonta, intorno ai 77 dollari al barile.

Gli effetti sono immediati sulla bolletta dell’elettricità che non sale solo per le famiglie, ma per le imprese. E i costi di produzione salgono. Nonostante la quota esigua di gas russo, il peso sui contatori della corrente si fa sentire: «Nella Borsa elettrica italiana – si legge nel report – il Pun (prezzo all’ingrosso, ndr) a gennaio 2025 è quotato a 139 euro/Mwh in media, da 88 del febbraio 2024. Si tratta di un rincaro pari al +57,9% in circa un anno». Prezzi che storicamente sono già più alti in Italia. In Germania il livello medio è a 108 euro a dicembre, in Francia a 98, in Spagna a 111 euro. Il costo in Italia a inizio 2025 è maggiore anche rispetto agli Usa, 61 euro/Mwh, e al Giappone. «Ciò penalizza la competitività internazionale della nostra economia», dice Confindustria. E soprattutto fa lievitare «i costi di produzione delle imprese, in alcuni settori, come chimica, minerali non metalliferi, metallurgia e carta». Tutto questo limiterebbe gli effetti positivi che Confindustria vede tra luci ed ombre. «Sempre più urgente allentare il prezzo del gas da quello dell’elettricità», dicono in viale dell’Astronomia.

Il Centro studi dell’associazione guidata da Emanuele Orsini sottolinea che il comparto servizi è in ripresa, con un rimbalzo del fatturato a novembre. Crescita timida del comparto industria, produzione a +0,3% a novembre, e della fiducia delle imprese, ma gli investimenti sono in calo, così come i consumi. Quasi fermo il mercato del lavoro: l’aumento degli occupati a fine 2024: +0,1% a ottobre-novembre sul terzo trimestre. E il forte calo di chi cerca lavoro (-6,6%) segnala una minore forza lavoro, che potrebbe limitare le prospettive di crescita occupazionale futura.

Anche l’export italiano resta debole, mentre nella Ue la situazione è più eterogenea. Negli Usa male l’industria e bene i consumi, mentre in Cina è boom dell’export. Il rischio dazi e il possibile aumento dell’inflazione, causa i costi dell’energia che pesano per il 10% nel paniere di beni e servizi con cui si costruisce l’indice dei prezzi, fiaccherebbero i consumi interni e il commercio sui mercati esteri. Morale? La Bce potrebbe rimettere in discussione il calendario dei tagli dei tassi ipotizzato. Una prudenza che in Confindustria sperano di non dover valutare.


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