confermata chiusura cracking per primavera
BRINDISI – Eni Versalis conferma l’intenzione di chiudere entro la prossima primavera il cracking del petrolchimico di Brindisi e fornisce un timing sull’entrata a regime dei nuovi impianti all’insegna di una svolta green (fabbrica di accumulatori statici e un impianto di riciclo della plastica), che dovrebbero diventare produttivi per il 2028. Tutto ciò per un investimento complessivo pari a circa 700 milioni di euro. L’impianto di polietilene, intanto, resterà marciante.
Il futuro della chimica in Italia (in particolare presso i siti Eni di Brindisi e Priolo) è stato al centro di un nuovo tavolo che si è svolto stamattina (venerdì 9 gennaio) presso la sede del Mimit (ministero delle imprese e del made in Italy). L’incontro è stato coordinato dal dirigente ministeriale Amedeo Teti. Vi hanno preso parte anche le segreterie nazionali e territoriali dei sindacati Filctem – Cgil, Femca – Cisl, Uiltec – Uil e Fialc Cisal, oltre a una delegazione della multinazionale e all’assessore regionale all’Ambiente, Serena Triggiani.
Sono tre i pilastri del piano industriale di Eni: ridimensionamento dei polimeri; sviluppo nuove piattaforme; sviluppo di nuove sinergie. L’investimento da 700 milioni euro si concretizzerebbe in due aree per un’estensione complessiva di circa 10 ettari, rispettivamente per la produzione di materia attiva e formazione di accumuli, localizzate nell’ala ovest dello stabilimento, in prossimità del parco imprese. I nuovi impianti, da quanto emerso, saranno realizzati nell’ambito di una join venture, da definire nei prossimi mesi, con Seri Industrial. L’obiettivo è di dar vita, a Brindisi, al primo polo italiano ed europeo integrato nella filiera delle batterie Lfp, occupando almeno il 14 percento del mercato continentale.
Le reazioni dei sindacati
Ma i sindacati continuano a esprimere forti dubbi. La Fialc Cisal, rappresentata da Massimo Pagliara, Giovanni Mavroidis e Andrea Genoino, esprime “dubbi sulla tempistica di trasformazione del sito”. “In maniera particolare – si legge in una nota del sindacato – sfuggono le ragioni che vorrebbero la fermata imminente del cracking nonostante le superfici utili ai nuovi insediamenti siano state individuate in aree diverse, diversamente di quanto avvenuto a Priolo, dove il medesimo impianto resisterà sino alla fine dell’anno sebbene la Bioraffineria sorgerà dalle restanti parti di quest’ultimo”. La Cisal chiede di prolungare l’operatività dell’attuale sistema di produzione e garanzie sul personale, che non dovrebbe “allontanarsi dall’orbita del cane a sei zampe”.
“Come Femca Cisl – afferma Marcello De Marco, segretario territorialre della sigla sindacale – abbiamo focalizzato il nostro intervento su una questione che riguarda anche il confronto con lo stabilimento di Priolo; se su Priolo si deve aspettare di dismettere l’impianto di cracking per poi costruire la bioraffineria, a Brindisi le aree sono differenti ed è proprio in virtù di questo che ci chiediamo: perché non dare a Brindisi una marcia più lunga rispetto alla data del prossimo aprile ed intanto partire col nuovo progetto?”.
“Risulta inoltre esserci un problema di sistema delle altre aziende – proegue De Marco – che invece con un periodo più prolungato di marcia si potrebbe superare, fornendo maggiore tempo per l’adeguamento degli assetti futuri di tutto lo stabilimento. Il Ministero e la Regione, dal canto loro hanno rilanciato la nostra proposta di prorogare la marcia del Craking almeno per il periodo sufficiente per un più armonioso avvio del nuovo investimento”.
“Come Uiltec – si legge in una nota della segreteria nazionale della Uiltec – riteniamo che si debba valorizzare il sistema Italia attraverso la possibilità di risolvere almeno in parte il problema degli accumuli stazionari e che questa scelta possa rappresentare una occasione importante per riportare in Europa capacità produttive oggi massicciamente allocate in Cina”.
La Uiltec invita a un confronto sulla “sostenibilità industriale e sociale del nuovo piano industriale per quanto concerne il sito di Brindisi”. “Per tali motivi – prosegue il sindacato – rivendichiamo la gestione di questa vertenza mediante l’applicazione di un protocollo nazionale, anziché attraverso un accordo di programma locale. Si tratta – rimarca il sindacato – di questione nazionale! Il governo deve vigilare affinchè il Paese possa dare continuità alla chimica di base. L’esecutivo, in questo senso, deve garantire la reversibilità della fermata del cracking, considerando che le dinamiche del mercato correlato potrebbero modificarsi nel medio termine e tendendo presente che gli stessi vertici della Commissione europea stanno riconsiderando l’importanza strategica dell’industria chimica nell’intero ambito continentale”.
“La scelta di Eni -Versalis – affermano Marco Falcinelli e Giuseppe Gesmundo, rispettivamente segretario generale della Filctem Cgil e segretario nazionale Cgil – mette una pietra tombale sulle produzioni della chimica di base e condanna il Paese ad un’ulteriore drammatica dipendenza da altri. Si sta decidendo di distruggere una parte strategica dell’industria del nostro paese: l’80 percento dei prodotti della chimica vengono utilizzati da altri settori industriali. Si rischia di mettere in ginocchio l’intera industria del Paese mentre in Europa, a partire dai contenuti del documento Draghi, si afferma la centralità dell’industria per la sopravvivenza economica dell’Europa stessa”.
“Se il Governo continua ad avallare questo piano di dismissione della chimica di base – proseguono – si assume una grave responsabilità politica, aggravata ulteriormente dal fatto che Eni è un’azienda partecipata dallo Stato stesso e a cui dovrebbe, invece, chiedere di investire per accompagnare il paese nei processi di transizione energetica e non di accettare chiusure di impianti e dismissioni di tecnologie industriali fondamentali per l’intero sistema industriale nazionale”.
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