Lazio

condannati i boss “Dio” e “Ufo”

“Io sono Dio. Quando parlo, sono la Cassazione”. Così si autoproclamava Elvis Demce, boss emergente della malavita romana e delfino del defunto Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik.

Parole che oggi suonano grottesche: la vera Cassazione ha appena messo fine alla sua parabola criminale, chiudendo con una sentenza definitiva la faida tra due bande albanesi che per anni hanno seminato violenza tra Ponte Milvio e i Castelli Romani.

Oltre 100 anni di carcere in totale per i membri delle due organizzazioni, con 15 anni inflitti a Demce e 10 anni e 2 mesi al suo rivale, Ermal Arapaj, detto ‘Ufo’.

Una guerra spietata la loro, combattuta a colpi di intimidazioni, minacce e tentati omicidi, scongiurati solo grazie a un intervento tempestivo delle forze dell’ordine nel 2022.

La faida tra “Dio” e “Ufo”: Ponte Milvio contro i Castelli

Tutto comincia nei meandri della criminalità romana, tra i vicoli “controllati” dalla batteria di Ponte Milvio, dove Elvis Demce muove i primi passi. Dopo l’arresto del suo mentore Piscitelli, ne eredita ambizioni e metodi, prendendosi il controllo dello spaccio a Velletri e nei Castelli Romani.

Quando Demce finisce in carcere, il rivale Arapaj tenta il colpo grosso: allargare la propria influenza anche su quelle piazze. Ma la mossa accende la miccia. A luglio 2020 inizia la faida. In una delle intercettazioni più emblematiche, Demce urla al telefono: “Io sono Dio. Quando parlo sono la Cassazione.”

Al suo fianco uomini fidati come Matteo Costacurta, sicario noto come “Il Principe”, e Alessandro Corvesi, ex promessa del calcio romano, cresciuto nella Primavera della Lazio e finito nel giro della criminalità.

immagine di repertorio

Una sentenza che evita una strage

L’indagine culmina con una serie di arresti nel 2022. Il blitz evita quello che, secondo gli inquirenti, sarebbe potuto diventare uno scontro a fuoco tra clan, con esiti tragici. Le prime condanne arrivano nel dicembre dello stesso anno, seguite poi dal processo d’appello. Ieri la parola “fine”, pronunciata dalla Suprema Corte.

Demce si trova attualmente ricoverato nella sezione per la tutela della salute mentale del carcere di Ascoli Piceno, ma questo non ha impedito alla giustizia di fare il suo corso.

Il lato oscuro della Capitale

La vicenda mette in luce un sottobosco criminale, tra l’eredità degli ultras, il narcotraffico, le piazze di spaccio e la pericolosa ascesa di giovani boss cresciuti tra il calcio e la malavita.

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