Abruzzo

“compromesso il diritto alla vita di relazione”


Il tribunale per i minorenni dell’Aquila ha sospeso la responsabilità genitoriale nei confronti dei tre figli della coppia anglo-australiana che da anni vive in un casolare isolato nei boschi di Palmoli, in provincia di Chieti. I bambini sono stati trasferiti in una comunità educativa per un periodo di osservazione, mentre la madre è per ora l’unica autorizzata a vivere temporaneamente con loro.

Nel dispositivo, firmato dai giudici Cecilia Angrisano, Roberto Ferrari, Simone Giovarruscio e Alida Gabriela, si legge che il provvedimento non è basato esclusivamente su questioni legate all’istruzione, bensì sul rischio di lesione al diritto alla vita di relazione, un principio costituzionale ritenuto fondamentale per lo sviluppo psico-emotivo del minore.

Le motivazioni del tribunale

Il documento parla chiaro: l’isolamento in cui i bambini sono stati cresciuti, senza frequenza scolastica, in un’abitazione fatiscente priva di acqua, luce, gas e riscaldamento, ha compromesso lo sviluppo relazionale, sociale e cognitivo dei minori. L’assenza di confronto con i pari – sottolinea il Tribunale – può determinare difficoltà nella gestione dei conflitti, insicurezza, isolamento o, al contrario, atteggiamenti aggressivi. Inoltre, le condizioni dell’abitazione non sarebbero compatibili con gli standard minimi di sicurezza, salubrità e igiene richiesti dalla legge.

Le accuse ai genitori: “uso strumentale dei figli”

Particolarmente grave, per i giudici, è stata la decisione della coppia di esporre i figli in una trasmissione televisiva nazionale, violando così il diritto dei minori alla riservatezza e alla tutela dell’identità personale. I giudici parlano esplicitamente di un uso strumentale dei figli «allo scopo di ottenere un risultato processuale favorevole», invocando la pressione dell’opinione pubblica.

A peggiorare il quadro, il rifiuto da parte dei genitori di collaborare con i servizi sociali per effettuare i controlli sanitari obbligatori e per l’ispezione dell’abitazione. In un passaggio dell’ordinanza si legge che la coppia avrebbe condizionato tali accertamenti al pagamento di 50.000 euro per ciascun figlio, cifra richiesta come “risarcimento”.

La battaglia legale

I genitori, tramite il loro legale, hanno annunciato ricorso e contestano punto per punto l’ordinanza. «Torneremo a essere un nucleo familiare», ha dichiarato la madre. Al momento, i tre figli si trovano in una casa famiglia, sotto la tutela del servizio sociale.

Il caso ha attirato l’attenzione nazionale, dividendo l’opinione pubblica e generando anche messaggi di odio e minacce sui social rivolti alla giudice Cecilia Angrisano, oggetto nei giorni scorsi di una vera e propria campagna denigratoria online.




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