Come il nuovo ordine geopolitico sta ridisegnando logistica e strategie delle imprese
Negli ultimi anni, l’organizzazione della supply chain globale sta subendo una trasformazione più radicale di quanto avvenuto nei decenni precedenti. Se la globalizzazione aveva incentivato la costruzione di catene di approvvigionamento estremamente estese, ottimizzate sul costo e sull’efficienza, il nuovo contesto geopolitico — caratterizzato da guerre commerciali, protezionismo, conflitti regionali e pandemie – impone una revisione strutturale dei modelli tradizionali. La lezione appresa nella gestione della crisi COVID 19, ancora fresca nella memoria, e più recentemente lo choc provocato dall’introduzione di dazi doganali e barriere commerciali, volute dall’amministrazione americana in una logica di “decoupling” da economie rivali come quella cinese, stanno rimodellando profondamente non solo dove le aziende producono, ma come pensano alla resilienza stessa delle loro reti.
Il tramonto della globalizzazione ingenua
Per anni, la logica dominante era il “just-in-time” su scala planetaria: produzione dislocata dove il lavoro costava meno, trasporti globali efficienti, magazzini ridotti al minimo. Ma l’imposizione di dazi improvvisi, l’inasprirsi dei controlli doganali e le incertezze legate a tensioni come quelle tra Stati Uniti e Cina o Russia ed Europa hanno reso evidente un rischio sottovalutato: la vulnerabilità sistemica.
Non si tratta solo di ritardi o di costi maggiori: intere filiere possono interrompersi improvvisamente, minando la capacità stessa delle imprese di operare.
Verso la “Regionalizzazione” e il “Friendshoring”
In risposta, molte aziende stanno passando da una supply chain globale a una regionale o multilocale: produzione più vicina ai mercati di consumo, fornitori distribuiti in aree politicamente “amichevoli” (friendshoring). L’obiettivo non è solo evitare dazi o interruzioni commerciali, ma anche garantire maggiore controllo e flessibilità.
Per esempio, settori strategici come quello dei semiconduttori o delle batterie per auto elettriche stanno vedendo una corsa al reshoring (riportare la produzione in patria) o nearshoring (verso Paesi vicini). Gli Stati Uniti, con iniziative come il CHIPS Act, cercano di ricostruire filiere domestiche in settori critici, spezzando la dipendenza da fornitori asiatici.
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