Salute

Come discutere con chi mangia carne: i consigli di un regista per convincere le persone a sposare la dieta vegana

Privilegiati, estremisti, dogmatici, esempi eclatanti della cultura woke, moralisti ipersensibili che vogliono imporre le proprie regole e limitare la libertà altrui. Ma anche colonialisti e persino razzisti: così vengono spesso raffigurati e considerati i vegani, spesso al centro di critiche di ogni tipo e di polemiche.

Per loro l’attivista per gli animali, regista e autore inglese Ed Winters ha scritto il libro Come discutere con chi mangia carne (e convincerlo ogni volta), appena uscito per Sonda editore. Un libro che serve soprattutto per “fornire gli strumenti dialettici per affrontare una discussione in modo efficace”, in modo da far sentire chi affronta discussioni su questi temi “più sicuro nelle conversazioni”, ma anche in grado di avere un “dialogo più onesto e costruttivo su un tema che può spesso dare origine a conflitti sterili e a discorsi faziosi”. Il veganesimo, infatti, è uno di quegli argomenti che in pochi hanno approfondito, ma su cui tutti hanno un’opinione.

Ascoltare, legittimare l’opinione altrui, porre domande giuste

Contro tesi spesso riduttive, male informate e cariche di ipocrisia contro il veganesimo, la strada fondamentale è anzitutto una secondo l’autore: servirsi di fonti di buona qualità, conoscendo le ricerche più aggiornate e il contenuto degli studi più affidabili, anche per essere preparati a riconoscere le notizie e le affermazioni meno credibili. “Se una persona non ricorda l’origine dell’informazione chiedile di comunicartela in un secondo tempo e al tempo stesso condividi con lei i tuoi dati”, propone Winters.

Un altro aspetto importante, sottolinea l’attivista, è studiare bene le proprie argomentazioni, riflettere su cosa si crede e perché, su quale base si giustificano le proprie convinzioni. Lo stesso bisognerebbe fare però con le argomentazioni opposte, cercando cioè di capire perché gli altri sono convinti che ciò che chi sostiene il veganismo pensa sia falso. Come? Soprattutto ascoltando e, anche, facendo le domande nella maniera giusta (nel libro ci sono numerosi esempi). Nella conversazione i toni devono comunque essere sempre calmi e pacati. “Urlare addosso a una persona o sminuire il suo punto di vista”, spiega l’attivista, “non solo non la invoglierà ad ascoltarti, ma le renderà più facile evitare di dover effettivamente motivare le sue argomentazioni”.

Non solo ascoltare l’altro. È importante legittimare il suo argomento, che non significa approvarlo, ma “fargli capire che lo stai ascoltando e che ha tutto il diritto di esprimere la sua opinione”. In sintesi, i principi della comunicazione “vegan” sono cinque e iniziano proprio con le iniziali della parola: V, come valorizza il punto di vista dell’altro; E, esprimiti in modo efficace; G, gratifica l’altro, A, ascolta, N, non dimenticare la comunicazione non verbale.

Diritti umani, diritti animali

Oltre ai modi efficaci con cui comunicare, l’autore passa in rassegna una serie di convinzioni e luoghi comuni affermati da onnivori, decostruendoli con informazioni e riflessioni. L’idea, ad esempio, per cui per un animale sarebbe comunque meglio aver vissuto che non essere nato, a cui Winters propone di rispondere con questa argomentazione: se qualcuno ha un animale che porta a fare passeggiate e giocare, può allora ogni tanto prenderlo a calci? Azioni immorali non sono accettabili perché bilanciate da azioni positive. Oppure la tesi per cui se tutti diventassimo vegani, gli animali da allevamento si estinguerebbero: in realtà, per conservare razze di animali selezionate geneticamente, basterebbe farle vivere in santuari per animali e non in allevamenti intensivi. Anche l’affermazione per cui uccidere un animale è giusto, purché non si sprechi nulla, è confutabile con replicando che “usare tutto il corpo di un animale non lo rende meno morto”.

Un’altra convinzione molto diffusa è quella per cui chi non mangia animali voglia assegnare agli animali gli stessi diritti degli esseri umani. Non è così, ovviamente, “il diritto di voto è inutile per un maiale o o un pollo”, si tratta invece di garantire diritti che abbiano significato per gli animali, come quello a non essere macellati.

Rispetto a chi sostiene che gli allevamenti intensivi dove avvengono violenza sono poche mele marce, l’attivista spiega che maltrattamento e abuso sono sistemici perché impliciti in pratiche standard e legali. Ancora: se pure la morte degli animali viene fatta in modo da non procurare sofferenza, uccidere chi non vuole morire è sempre un’azione immorale.

Il veganesimo non è estremo, uccidere sì

Criticare il veganesimo come scelta estrema è paradossale. Dovrebbe apparire eccessivo e radicale invece “finanziare luoghi che esistono al solo scopo di macellare esseri senzienti e coscienti”. Anche mangiare animali perché questo fa parte della nostra cultura non è un’argomentazione sufficiente, perché un comportamento non è automaticamente morale perché fa parte della nostra cultura.

L’autore affronta poi gli argomenti che si basano sul fatto che anche il veganesimo sostenga industrie e pratiche non etiche. Ma se l’attuale sistema di coltivazione non è etico e sostenibile, ritenere i vegani responsabili per le storture di un modello agricolo che non hanno creato “non solo è ingiusto ma impedisce di fare i cambiamenti necessari”.

Veganesimo e bambini

Ci sono poi le obiezioni che riguardano i tempi e i costi. Il veganesimo, si dice, è troppo costoso. Nessuno però, obietta l’autore, “ti costringe a comprare formaggi organici e artigianali a base di anacardi”, si può essere vegani in base a qualsiasi disponibilità economica.

Oggi, conclude l’autore, c’è un’enorme abbondanza di ottime alternative vegetali per ogni genere di cibo, incluso il formaggio. Con una dieta a base vegetale è assolutamente possibile ottenere la quantità di proteine necessaria per restare sani, oltre che per costruire una buona massa muscolare. E i casi di bambini vegani malnutriti e talvolta persino morti? Anche qui l’autore risponde pacatamente ma fermo: “Usare esempi di questo tipo per provare che il veganesimo è poco sano per i bambini equivale a dichiarare che dare carne ai bambini è pericoloso in quanto un bambino è morto perché i genitori lo nutrivano solo con frattaglie crude. Servirsi cioè dei casi di negligenza in cui è chiaro che i genitori hanno agito basandosi su convinzioni pseudoscientifiche non indica che il veganesimo sia dannoso per i bambini”.


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