Salute

Colombia, attentati delle ex-Farc alle stazioni di polizia

Terrorismo e stragi spazzano via gli ultimi sforzi per la pace in Colombia. È successo il 10 giugno, in diverse località di Valle del Cauca, dove diciannove esplosioni hanno tolto la vita a oltre cinque persone e ferendone altre quaranta. Tra i bersagli le stazioni di polizia “Pailón” di Buenaventura e “Marroquín” di Cali la base dell’Armata nazionale a Timbiquí. L’episodio, rivendicato dalle dissidenze delle Farc, accade mentre il Paese è ancora commosso per l’attentato subito dal pre-candidato alle presidenziali 2026 Miguel Uribe Turbay e sul quale la Procura colombiana sta ancora indagando. Uribe resta ricoverato nella struttura Fundación Santa Fe de Bogotá dove, a seguito di un delicato intervento, lotta ancora tra vita e morte.

“Non solo stazioni di polizia, ma le bombe sono state collocate anche in zone commerciali”, ha denunciato il sindaco di Cali, Alejandro Éder, in un’intervista rilasciata a Blu Radio. “Di colpo siamo tornati al 1989”, ha denunciato il primo cittadino di Cali ricordando una delle stagioni più sanguinose del conflitto armato in Colombia, “in pochi mesi sono saltati decenni di sforzi per la pace”. Nell’occasione ha perso la vita anche Wilmar Pazu Rivera, alias ‘David’ o ‘Cholinga’. Un altro fatto di sangue si è verificato a Cundinamarca con l’uccisione del coordinatore delle procure di Fusagasugá, Karin Sefair Calderón, gravemente ferito con arma da fuoco e derubato da un commando armato al Centro commerciale “Avenida”, mentre prelevava soldi da un bancomat. È morto all’ospedale “San Rafael”, a causa dei due spari ricevuti durante l’aggressione.

Parlano le ex-Farc – Poche ore dopo gli attentati lo Stato maggiore delle dissidenze delle Farc hanno rilasciato una nota annunciando nuovi attacchi ed esortando la popolazione civile a tenersi lontana da caserme e basi militari, che sarebbero potenziali bersagli. Gli uomini della guerriglia sostengono di rispondere così alle presunte ostilità di Bogotà che avrebbe “dispiegato centinaia di soldati statunitensi” dalle tredici basi militari Usa attive nel Paese per “promuovere un piano di destabilizzazione contro la sorella Repubblica del Venezuela” ed espandere il paramilitarismo sotto l’egida di Bogotà. Vale la pena ricordare che le guerriglie dissidenti sono costituite da combattenti che attraverso le armi esprimono il proprio malcontento contro l’accordo di pace raggiunto nel 2016 tra Bogotà e le Farc. Il gruppo dissidente è guidato da Néstor Gregorio Vera Fernández, detto Iván Mordisco, da sempre contrario al processo di pace in Colombia e denunciato per narcotraffico, estorsione e reclutamento infantile. Un nome di battaglia, quello di Mordisco, che è stato tirato fuori anche da fonti dell’Intelligence militare colombiana, le quali assicurano il suo coinvolgimento nell’attentato contro il senatore Uribe Turbay. Su questa pista insiste anche la giornalista Vicky Davila, che come Uribe è in corsa verso le presidenziali 2026 per la coalizione della destra anti-Petro.

Il caso Uribe – La procuratrice generale colombiana, Luz Adriana Camargo, è sulla pista di una non meglio identificata “rete criminale internazionale” che avrebbe arruolato l’autore materiale dell’attentato, l’adolescente 15enne, ora entrato nel programma di protezione per i testimoni insieme al suo nucleo familiare. Il giovane avrebbe ricevuto almeno due bonifici provenienti dall’estero, sui quali le autorità colombiane stanno ancora indagando. La procuratrice ha anche smentito l’eventuale ritrovamento del 15enne dell’attentatore durante l’arresto, pochi minuti dopo l’attentato, venendo contestata dalle opposizioni. “Non può essersi perso il cellulare, laddove ci sono video che mostrano l’assassino in possesso di un telefonino”, ha denunciato l’ex-ministro della Difesa Diego Molano, che insiste sulla necessità dell’intervento di “un’organizzazione internazionale che aiuti a sviluppare un’indagine senza interferenze”. Nel frattempo, tra le ipotesi vagliate finora dalla Procura generale, si fa strada il timore di un disegno eversivo più ampio e finalizzato a destabilizzare il Paese in vista delle presidenziali del 2026. A tale riguardo il presidente colombiano, Gustavo Petro, che ha chiesto supporto logistico a Washington, sostiene che la sua famiglia sia stata recentemente minacciata dai gruppi armati.

Le reazioni – Ma le esternazioni di Petro e di altri membri del governo sono state giudicate “strumentali” e “vittimistiche” in un clima politico assai teso. E nelle ultime ore le opposizioni hanno anche consumato lo strappo attraverso il Congresso, che si dichiara in sessione permanente in quanto “il governo non è stato capace di contenere la crisi, ma l’ha solo accentuata”. L’unico accenno all’unità nazionale arriva invece dalla moglie di Uribe Turbay, Claudia Tarazona, che riferisce al Paese sulla delicata situazione del senatore e rivolge un appello “a tutti i gruppi politici e armati: dobbiamo guarire la Colombia, uniamoci”.


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