Coca Cola continua a essere il principale inquinatore di plastica al mondo
Il report di Oceana rivela che il gigante americano delle bevande nel 2030 produrrà 602 milioni di chili di plastica, inquinando l’acqua di tutti.

Taste the feeling. Parliamo di Coca Cola, ma non del suo gusto inconfondibile dalla formula top secret. La sensazione a cui fare caso è piuttosto quella dell’acqua che beviamo, piena zeppa di microplastiche per colpa dei rifiuti rilasciati nell’ambiente. E viene fuori che il gigante americano è uno dei principali inquinatori di plastica al mondo. La notizia non è una sorpresa, basta guardare ai numeri di produzione. I dati raccolti e le previsioni tuttavia evidenziano quanto siano incerti presente e futuro del pianeta e dei suoi oceani.
L’analisi di Oceana
A svelare questo segreto di Pulcinella è Oceana, organizzazione no profit che si occupa di conservazione e attivismo per l’ambiente marino. In un nuovo report pubblicato mercoledì 26 marzo, il gruppo ha tracciato una quadro pressoché catastrofico sullo stato presente e futuro degli oceani. Basandosi sui dati di produzione raccolti tra 2018 e 2023 riguardanti bottiglie e imballaggi, Oceana prevede che nel 2030 Coca Cola contribuirà a ben 602 milioni di chili di plastica dispersi nei mari.
Per capirci, abbastanza per riempire lo stomaco di 18 milioni di balene. Oppure, prendendo la misura più familiare al consumatore medio, 220 miliardi di bottigliette da mezzo litro. Un inquinamento in crescendo, visto che ogni anno che passa Coca Cola eccede i suoi scarti di ben 4,13 milioni di tonnellate. Il che la rende di gran lunga il maggiore inquinatore nel suo settore, insieme a PepsiCo, Danone, Nestlè e Altria.
Soluzioni poco promettenti
Il problema non è solo relativo all’ecosistema marino, per quanto pesci e mammiferi se la vedano brutta. Concerne anche il cambiamento climatico, visto che la plastica deriva inevitabilmente dalla combustione dei carboni fossili. Ma non solo: il rilascio di microplastiche preoccupa l’intera comunità scientifica. Queste micro particelle rilasciate dai materiali stanno diventando rapidamente il problema più pressante e misterioso dei nostri tempi, il cui impatto sulla società e sulla salute a lungo termine è ancora in fase di studio.
Di sicuro, detta così, non promette bene. Ma cosa fa, se lo fa, Coca Cola nel concreto per arginare il danno? Nel 2022 si era impegnata a utilizzare imballaggio riutilizzabile, con un goal del 25% su tutta la produzione per il 2030. Nel report di sostenibilità uscito nel 2024 però tale impegno era già sparito. Allo stesso tempo, Coca Cola continua a sventolare il vessillo dei materiali riciclati, strategia che però secondo Oceana rischia di non essere abbastanza, se non addirittura dannosa.
“Riciclare è fantastico, non fraintendetemi” dice Matt Littlejohn a capo dell’analisi Oceana. “Ma se usi materiale riciclato per produrre plastica comunque usa e getta, il problema non si risolve”. Il paradosso, secondo Littlejohn, è che Coca Cola ha a disposizione numerosi impianti di rabbocco, proprio destinati al riuso dei materiali. “Hanno a disposizione le infrastrutture più grandi di qualsiasi altro produttore di bevande, potrebbero essere un esempio per tutta l’industria”.
Dal canto suo Coca Cola continua a dirsi sul pezzo e di implementare le strategie necessarie per ridurre gli sprechi. La soluzione, come sempre, sembra essere solo una: la responsabilità del consumatore singolo. Senza arrivare alla bottiglia da riutilizzare, la scelta sta alla radice, davanti agli scaffali del supermercato. Magari pensateci due volte prima di imboccare la grande industria (e di bervi quintali di zucchero e microplastiche).
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