Basilicata

Claudio Lombardo, il reggino che scala le montagne scalzo

E’ reggino di origine Claudio Lombardo, l’inventore del Barefoot Alpin Running: scala le montagne scalzo e con un abbigliamento minimalista


Ipossia, sforzo, esposizione al freddo. Dette così, appaiono tre esperienze che sottopongono organismo ad uno stress assai particolare, forse negativo. Eppure, una appresso all’altra, son tre, oseremmo dire, “situazioni” caratterizzanti il Barefoot Alpine Running, quella disciplina estrema ideata da Claudio Lombardo.
D’origini reggine, di Sala di Mosorrofa, a voler essere precisi, laureato in Psicologia ed in Scienze dell’Alimentazione, con anche studi in Scienze Motorie da poco conclusi, a un certo punto della vita sua Claudio Lombardo si rende conto ch’è tempo di «far esplodere la felicità».

E se lo studio «metodico e meticoloso è una delle passioni», Claudio trova naturale dedicare «quattro o cinque ore, ogni giorno, all’allenamento». L’obiettivo: «Raggiungere la vetta». Di cosa: «Beh, di una montagna! D’estate raggiungo anche i 2800 – 3500 mt, d’inverno mi limito ai 1500 – 2800, utilizzando un abbigliamento minimalista e cioè un pantaloncino corto, forse una maglietta. Assolutamente niente scarpe, ma scalzo. Badando al sovraccarico, perché la zavorra deve essere d’almeno 6 kg. Facendo ricorso a specifici attrezzi, per l’arrampicata, solo in casi assai estremi. E poi, in solitaria: devi pianificare ogni passo, non puoi distrarti, chiedere aiuto o consiglio, siete tu e la tua forza, tu e la tua forza d’animo, tu e la tua volontà di centrare l’obiettivo. Senza far l’eroe, senza rischiare, logicamente: ma lasciandoti guidare dal cervello tuo. Che, finalmente, potrà, il tuo cervello, liberarsi di tutta quella… Spazzatura accumulata nell’ordinario».

Luccicano gli occhi di Claudio Lombardo; riesce, col suo racconto, a portarci, sulla spalla sua, in alta quota, pronti quasi ad accarezzar le nuvole.
Insomma, questo Barefoot Alpine Running, questo protocollo di tua invenzione, caro Claudio, è consigliabile a chiunque? «Richiede, anzitutto, disponibilità vera a cambiar stile di vita. Poi, implica una quasi maniacale attenzione all’aspetto atletico, all’allenamento, nonché una buona formazione. Non ci si improvvisa. Ho messo su anche un protocollo per principianti, dedicato a chi s’approccia alla disciplina senza possedere particolari caratteristiche».

Certo, è ghiotta l’opportunità di vivere una porzione di vita con un cervello, il nostro, libero dagli obblighi che la vita, a valle, impone. «Noi – sostiene – non siamo capaci di non far nulla. Il nostro cervello è continuamente bersagliato da input. Una volta, ad esempio, facevamo la fila dal dottore: in sala d’attesa si stava senza far niente, senza pensare a niente. Oggi, invece, ci sentiamo quasi costretti a riempire ogni istante della nostra giornata. Sappiamo ascoltare? No! Parliamo con qualcuno e, mentre già elaboriamo la frase successiva da dire, guardiamo il telefonino o lo smartwatch». Perché «lo sport estremo, com’è la disciplina da me elaborata, fa bene al cervello, consentendogli di ripristinare quelle funzionalità appannatesi in una quotidianità stressante, frenetica, ricca di cose da fare, da pensare, da schivare».

Claudio ha «scalato una trentina di vette, tendenzialmente sempre sopra i 3000 mt. Un anno fa, però, ho voluto provar l’uscita in solitaria. Al rientro, dopo una vasca bollente, ho pianto. È come se tutta la… spazzatura accumulatasi nell’inconscio mio fosse esplosa. Di colpo. Mi sono sentito felice».

«Certo, ogni scelta, in questa disciplina, è scientificamente ragionata. L’essere scalzi è motivo che rafforza le caviglie, stimolando quella parte di piedi che altrimenti resta… addormentato. Si sbloccano, poi, le cosiddette onde SMR, che son l’antitesi dei comportamenti ansiogeni. Per non parlare dell’utilità dell’esposizione al freddo: il corpo è chiamato a produrre più calore, per sopportare temperature che in condizioni borghesi mai sopporteremmo, se non sotto sette cappotti! E più sali in quota, più avverti la stanchezza nel respirare. Ecco che vai alla ricerca di quei comportamenti arcaici, che piuttosto che farti scivolare nella difficoltà ti offrono gli stratagemmi per gestirti, mettendo in azione tutto, ma proprio tutto, il corpo tuo».

E fra qualche giorno la «sfida nuova, l’Etna, in Sicilia: una montagna dalla pietra molto tagliente. Quindi, non tanto il problema freddo quanto una pelle resistente per affrontare il vulcano».
Viene da chiedersi Claudio cosa fa quando non si allena. «Amo gli animali, – dice -, ho tre cani ed aiuto un canile, ad Arghillà, nella periferia reggina. E a proposito d’animali quel connubio persona-ambiente, che si crea quando incombono ipossia, sforzo estremo ed esposizione al freddo, ti rende, potremmo dire, sapiente nel rapporto con l’ambiente ostile, stimola in te una maggior capacità di autogestione, accresce, in maniera significativa, il rispetto tuo verso la natura, gli altri e, ovviamente, nei confronti degli animali».


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