Società

Claudia Fauzia: «Essere siciliana è la mia identità. Gli uomini femministi devono sentire la loro voce per evitare che l’estrema destra cavalchi la loro crisi d’identità»

«Mi sento molto grata. E curiosa di vedere la gente cosa ne penserà». Per Claudia Fauzia scrivere il suo primo romanzo, Con il mare dentro, è stato un po’ un salto nel vuoto: si è allontanata dalla saggistica che, negli anni, ha contribuito a consolidare la sua figura da attivista per i diritti umani e da divulgatrice su temi come femminismo, identità queer e meridionalismo, ma ha cercato invece di avvicinarsi a un altro tipo di pubblico, quello che vuole leggere di vite ed esperienze in cui rispecchiarsi, riconoscersi. E ora che il libro può finalmente arrivare ai lettori c’è la gratitudine di aver raccontato una storia personale, insieme alla grande incognita di capire come verranno percepite e interiorizzate le sue parole.

Claudia Fauzia «Essere siciliana è la mia identità. Gli uomini femministi devono sentire la loro voce per evitare che...

La protagonista del suo romanzo, Lucia, ha 17 anni. Perché ha scelto proprio quest’età?
«È quella fase della vita in cui si sta per diventare adulti, in cui non sai chi sei, ma vivi e senti delle cose, molte delle quali fino a quel momento ti sono state solo raccontate. Sei in un turbinio costante di emozioni, esperienze: proprio in questa età, credo si inizi a formare la propria coscienza politica».

E lei com’era?
«Una ragazza siciliana che cercava di capire chi fosse, imbarcandosi anche in esperienze molto forti per comprendere di cosa fosse veramente capace. Ero una persona che lottava, anche se non capiva bene contro cosa, e che cercava di essere il più coerente possibile con sé stessa».

Poi ha capito contro cosa lottava?
«Sì, certo. Oggi lo so e ne scrivo. Era un sistema che mi annullava, che non mi permetteva di esprimermi come volevo, che mi ingabbiava in ruoli e definizioni. Praticavo taekwondo, uno sport che veniva considerato maschile, ed ero “la femmina che faceva arti marziali”. Poi ho iniziato a uscire con le donne e quindi facevo arti marziali perché ero lesbica. Mi ci è voluto molto tempo e l’aiuto della famiglia, dei miei amici per comprendere tutto questo».

Quando parlava di esperienze forti, a cosa si riferiva invece?
«A 18 anni, ho convinto i miei genitori a mandarmi in un programma studi all’estero. E così mi sono ritrovata in Colombia, a vivere con una famiglia colombiana, senza conoscere né lingua, né il contesto sudamericano. Però, quest’esperienza, mi ha permesso guardare a me stessa, al mio contesto familiare e al mio paese con degli occhi nuovi. Oggi, quindi, sono in grado di ragionare, ampliando gli orizzonti, di guardare a ciò che vivo non soltanto da un’unica prospettiva».

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