Sicilia

Cittadinanza un’occasione persa, il fattore migranti una chance

Dopo il referendum è interessante capire quali siano le sensibilità e le speranze del popolo progressista

Nessuno, o quasi nessuno, dei leader promotori dei referendum riteneva che la battaglia contro il centrodestra potesse essere vinta. Si trattava, soprattutto, di dimostrare la capacità di mobilitazione di una piazza progressista impegnata a promuovere il cosiddetto campo largo, intestandosi un progetto politico in grado di rendere più giusta la società e più efficaci le istituzioni. Un impegno che la bocciatura del referendum non fa venire meno. Dall’analisi dei risultati è emerso che il sostegno popolare ai diversi quesiti non è stato uniforme. Il che pare del tutto comprensibile. È interessante capire quali siano le sensibilità e le speranze del popolo progressista. Una cosa pare certa. Il quesito risultato meno convincente è stato quello sulla cittadinanza, che era il più politico. Insomma nel Paese sul tema della cittadinanza se la destra è particolarmente ostile, la sinistra è quantomeno perplessa. Evidentemente anche nel popolo della sinistra la diversità etnica e culturale viene vissuta come una minaccia.

Eppure viviamo in un mondo in cui le società nazionali sono sempre più multietniche. Lo straniero che vuole integrarsi nel Paese in cui ha deciso di vivere non dovrebbe essere considerato come una minaccia, né ostacolato nell’esercizio dei suoi diritti fondamentali. Accogliere il migrante, però, non può essere considerato soltanto un atto di solidarietà , ma una vera e propria opportunità per promuovere lo sviluppo. Ci troviamo sempre più alle prese con crisi demografiche che producono un costante invecchiamento della popolazione. Occorrono strategie che possano consentire un ringiovanimento della società.

Non pare dubbio che garantire i diritti dei migranti che già vivono nella nostra società o accoglierne di nuovi rappresenti un rimedio radicale per poter affrontare in modo credibile l’invecchiamento della società. È irrealistico pensare che nel mondo della globalizzazione ciò possa comportare uno stravolgimento dell’identità culturale delle nostre società. Chi sceglie di stabilirsi nel nostro Paese chiede soprattutto di vedere facilitato un processo di integrazione che gli consenta di vivere la cittadinanza in modo compiuto. L’invecchiamento della popolazione, insomma, se non fronteggiato attraverso misure radicali quali quelle di cui si discorre crea povertà, incide negativamente sullo sviluppo, brucia ricchezza. Italia e Giappone sono i Paesi maggiormente colpiti dall’invecchiamento della popolazione. Ciò nonostante il tema del ringiovanimento del Paese attraverso l’immissione di risorse umane che vengono dall’esterno pare essere profondamente divisivo a causa di pregiudizi che sono duri a morire. È un fatto che l’iniziativa referendaria che ha trovato un minore consenso tra gli italiani sia proprio quella che riguarda le politiche dell’immigrazione e dell’accoglienza. Insomma si lamenta il decremento della popolazione ma si ostacola una piena integrazione di coloro che sono considerati come dei cittadini su cui esercitare un’azione di vigilanza nonostante che essi vivano nel nostro Paese anche da tempo. Insomma il referendum sulla cittadinanza può fallire ma la sfida per risolvere l’emergenza demografica è destinata a continuare considerato che lo spopolamento in atto del nostro Paese non si può certo risolvere con le misure che si sono sinora adottate.

La destra che oggi festeggia l’insuccesso del referendum sulla cittadinanza è la stessa destra che cerca di sdrammatizzare il problema dei salari troppo bassi, che non costituiscono certo un incentivo per dare vita a nuove famiglie. Così come non costituiscono certo un incentivo le diverse forme di precarietà del lavoro. È sperabile che una volta finita l’eccitazione per Il referendum bocciati, e soprattutto quello che riguarda le condizioni di vita di coloro che non sono nativi. Si affronti con onestà intellettuale il tema dell’invecchiamento del Paese sempre più evidente, considerato che le misure finora adottate non l’hanno certo risolto ma lo hanno soprattutto drammatizzato. È incontestabile che l’immigrazione contrastando l’invecchiamento demografico e consentendo un welfare più audace ha ovunque costituito un’opportunità per i Paesi ospitanti oltre che per i migranti stessi. Il centro studi della Confindustria ha stimato che senza il contributo del lavoro straniero il Pil italiano sarebbe stato di 124 miliardi inferiore. Il lavoro dei migranti se prestato nel rispetto delle leggi vigenti dà un contributo importante al mantenimento del welfare e specialmente delle pensioni. Se la popolazione nazionale decresce, se gli gli italiani insomma non sono più i 60 milioni di un tempo, ma sono circa 56 milioni, non ci si può illudere di invertire la tendenza costante alla flessione della popolazione attraverso misure di carattere contingente, non strutturali. Una popolazione sempre più anziana infatti fa lievitare i costi del sistema previdenziale e del sistema sanitario nazionale. Insomma è di tutta evidenza che il calo della natalità minacci la stabilità economica dell’Italia. Tenuto conto di ciò pare chiaro che non bastano le politiche di conciliazione per incrementare la nascita. Molti hanno osservato che Il trend della popolazione immigrata continua a crescere perché la maggiore fecondità negli Usa è senz’altro legata alla presenza di una popolazione molto eterogenea per etnia e religione e al maggior numero di immigrati nelle cui famiglie continuano a permanere divisione del lavoro e norme sociali religiose, che favoriscono la propensione ad avere più figli. Negli Stati Uniti l’immigrazione continua a crescere nonostante alcune misure restrittive che sono state adottate. Dal 1980 ad oggi gli abitanti Usa nati all’estero sono raddoppiati passando dal 6,2 al 12,6 %. Dagli studi fatti su questo argomento si evince che la crescita della fecondità tende a verificarsi nelle aree dove sono stati più forti ovviamente I flussi di migrazione e dove ci sono naturalmente servizi adeguati che li sostengono, soprattutto politiche del lavoro che soprattutto sul piano salariale consentono alle famiglie una vita dignitosa. Una seria politica della natalità non può essere portata avanti se le famiglie rischiano un ulteriore impoverimento. Una politica per la famiglia non può essere fatta da mancette, concesse una tantum, che certo non possono indurre a intraprendere una scelta di vita così importante, come la formazione di una famiglia che non può sentirsi costantemente minacciata da una situazione di precarietà del posto di lavoro.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA




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