Cinquanta chili di metallo spariti dall’azienda, nuova archiviazione. L’ipotesi dell’oro sottratto “dai sodali”
Il caso è stato archiviato: per il gup Stefano Cascone non furono l’ex amministratore giudiziario, il direttore commerciale e due agenti rappresentanti che gestivano i rapporti dell’impresa con i clienti a far sparire circa 50 chilogrammi dalle casseforti dell’azienda Castoro durante il periodo di amministrazione giudiziaria. Si chiude così una vicenda complessa, nata dalla denuncia della titolare dell’azienda, Rita Iacopi, nei confronti dei quattro professionisti.
L’azienda infatti, finita nel 2018 al centro di un’inchiesta per contrabbando di preziosi avviata dalla procura di Bologna (conclusa con l’assoluzione della titolare e i patteggiamenti degli altri imputati), fu sottoposta ad amministrazione giudiziaria proprio nel periodo delle indagini. Concluso il processo, la proprietaria tornò alla guida dell’impresa – nel 2020 – e proprio allora dichiarò di aver avuto un’amara sorpresa: dalla cassaforte sarebbe mancata una grossa quantità di oro, stimata tra i 30 e i 55 chilogrammi.
È scattata a quel punto così la denuncia dell’imprenditrice (assistita dall’avvocato Piero Melani Graverini) che ha portato a una nuova inchiesta della Procura di Arezzo: Nel registro degli indagati sono stati scritti i nomi dell’amministratore, del professionista e i due rappresentanti (difesi dagli avvocati Luca Fanfani e Roberto Alboni). La pubblica accusa ha inizialmente chiesto un’archiviazione, che è stata accolta dal gup. In seguito i legali della proprietà hanno impugnato la decisione e fatto un ricorso, chiedendo l’imputazione coatta. Lo scorso 29 aprile l’ultima udienza e oggi è arrivata l’ordinanza del giudice che ha accolto la nuova istanza di archiviazione presentata dalla pm Elisabetta Iannelli.
Il giudice scrive chiaramente che l’ipotesi ritenuta “più verosimile” sia quella che vedrebbe, in seguito all’esecuzione delle misure cautelari, “i sodali” degli allora imputati sottrarre quanto più metallo prezioso possibile prima dell’apertura dell’amministrazione giudiziaria. Una ipotesi che escluderebbe la violazione degli obblighi di custodia dell’amministratore e degli altri imputati. Ne consegue, secondo il giudice, che la sottrazione di metallo “si era già verificata”. Da qui la decisione di archiviare e restituire gli atti alla pm.
“Ognuno, nella vita, raccoglie ciò che semina commenta l’avvocato Fanfani -. Ad Arezzo è nota a chiunque l’integrità, umana e professionale, del mio assistito, che ancor più nel ruolo di amministratore giudiziario ha sempre operato in modo ineccepibile a fianco della giustizia. Lo ribadisce anche l’odierna decisione del Gip, che, nell’accogliere l’ennesima richiesta di archiviazione della Procura, ha giudicato infondate tutte le denunce presentate a suo carico, distinguendo, in modo esemplare, il grano dal loglio.”
Soddisfazione anche per il legale dei due rappresentanti: “Non c’erano prove a carico dei miei assistiti – spiega l’avvocato Alboni – credo che questa archiviazione così perentoria nei contenuti possa costituire un piccolo risarcimento morale per la sofferenza derivata dall’aver subìto questo procedimento”.
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