chiusi oltre 2.100 locali in 14 anni. A rischio migliaia di posti di lavoro
Non è solo la musica ad abbassarsi. È una serranda che si abbassa per sempre, una pista che resta vuota, un palco senza luci. È una generazione che perde uno dei suoi luoghi simbolo, e un settore che lentamente muore, nel silenzio quasi totale delle istituzioni.
In Italia, dal 2010 ad oggi, hanno chiuso oltre 2.100 discoteche, con una perdita di più di 50.000 posti di lavoro. Un dato allarmante, diffuso dalla Confederazione Imprese Italia, che lancia un grido d’allarme: “Stiamo assistendo a una desertificazione culturale e sociale”.
Negli anni ‘90, le discoteche erano oltre 7.000. Oggi ne restano meno della metà. E non si tratta solo di luoghi di svago: il clubbing è una filiera economica da 1,1 miliardi di euro l’anno, che coinvolge tecnici del suono, artisti, barman, addetti alla sicurezza, comunicatori, e tantissimi giovani. Il 36% degli occupati ha meno di 30 anni, molti alla loro prima esperienza.
Un ecosistema che si spegne
“Ogni discoteca che chiude non spegne solo una consolle: spegne opportunità, cultura, turismo, lavoro”, denuncia Biagio Cefalo, presidente della Confederazione.
A soffocare il settore sono la burocrazia, i costi proibitivi di sicurezza e assicurazioni, la diffidenza istituzionale, e un profondo cambiamento delle abitudini giovanili.
La crisi colpisce anche i territori: secondo i dati, quasi il 60% del fatturato dei locali arriva dal turismo. Dove chiude un club, spesso si spegne anche l’indotto: ristoranti, hotel, taxi, artigiani, perfino servizi di pulizia. “Le discoteche sono un motore invisibile dell’economia urbana. Ma nessuno le considera un bene strategico”, avverte Carlos A. Sorrentino, Segretario Generale.
Giovani senza spazi, città senza vita
Nel vuoto lasciato dai locali chiusi, spesso cresce l’illegalità, si moltiplicano i party abusivi, e si perdono spazi sicuri di aggregazione. “Le discoteche sono anche presìdi sociali – aggiunge Cefalo – dove lavorano educatori, dove si possono trasmettere messaggi di prevenzione, rispetto, cultura musicale. Dove i giovani si incontrano e si riconoscono”.
Un piano per salvare la notte
Per invertire la rotta, la Confederazione propone un Piano Nazionale per l’Economia della Notte, articolato in cinque punti chiave:
Tavolo interministeriale con Turismo, Cultura e Imprese per una strategia unitaria.
Moratoria fiscale per chi investe in locali sicuri e rinnovati.
Riconoscimento culturale del clubbing italiano come espressione artistica e prodotto turistico.
Fondo per sicurezza e innovazione, per aiutare i locali nella digitalizzazione e nella sostenibilità.
Campagne contro la desertificazione urbana, puntando su eventi nei centri storici e nelle periferie.
“Non vogliamo nostalgia, ma politiche”
“Non chiediamo privilegi, chiediamo attenzione. Non vogliamo nostalgia dei bei tempi andati, vogliamo una visione per il futuro”, concludono Cefalo e Sorrentino. L’appello è rivolto a istituzioni, sindaci, parlamentari, università, enti culturali e associazioni di categoria.
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