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Chi sono i veterani Usa che hanno portato Machado a Oslo (e che la pregano di non tornare in Venezuela)

La leader dell’opposizione venezuelana María Corina Machado ha lasciato clandestinamente il Venezuela dopo mesi vissuti in semiclandestinità, in un’operazione di esfiltrazione ad alto rischio che ha attirato l’attenzione della comunità internazionale e riacceso il dibattito sulla crisi politica del Paese sudamericano.

Machado, figura centrale dell’opposizione al presidente Nicolás Maduro, era entrata in clandestinità dopo le controverse elezioni presidenziali del 2024. Secondo le ricostruzioni, ora sappiamo che la sua uscita dal Paese è avvenuta grazie a un’operazione organizzata da una rete privata di ex militari statunitensi, specializzati in missioni di evacuazione in contesti ad alto rischio. Con sede a Tampa, in Florida, la Grey Bull Rescue opera su due fronti: la Grey Bull Rescue Foundation, un’organizzazione no-profit interamente finanziata dai donatori, e il Grey Bull Rescue Group, un’organizzazione a scopo di lucro fondata per assistere direttamente i governi e altri enti nel salvataggio dei cittadini in pericolo.

Il ruolo della Grey Bull Rescue Foundation

La fondazione è stata creata da Bryan Stern, veterano delle forze armate degli Stati Uniti con una lunga esperienza in missioni di sicurezza, soccorso e recupero in zone di conflitto. Stern è diventato noto a livello internazionale dopo aver partecipato a missioni di evacuazione durante il ritiro occidentale dall’Afghanistan nel 2021, quando il suo gruppo contribuì a mettere in salvo cittadini statunitensi e alleati rimasti bloccati nel Paese.

Da allora, Grey Bull ha operato in diversi scenari di crisi — tra cui Ucraina, Medio Oriente, Africa e America Latina — intervenendo in situazioni in cui i canali diplomatici o militari ufficiali risultavano assenti o insufficienti. L’organizzazione agisce con finanziamenti privati e donazioni, e dichiara di operare esclusivamente con finalità umanitarie, sebbene il suo coinvolgimento in contesti politicamente sensibili, come quello venezuelano, abbia riaperto il dibattito sul ruolo crescente di attori privati nelle dinamiche geopolitiche internazionali.

Una fuga degna di un thriller

L’operazione si è svolta tra posti di blocco militari, controlli di sicurezza e un clima di costante sorveglianza. Machado avrebbe viaggiato sotto mentite spoglie, con l’ausilio di una copertura fisica per evitare il riconoscimento, prima di raggiungere la costa caraibica venezuelana. Da lì, secondo le stesse fonti, sarebbe stata trasferita su una piccola imbarcazione da pesca che ha navigato per ore in mare aperto, evitando le rotte sorvegliate, fino a raggiungere un punto sicuro nei Caraibi. La traversata è stata complicata da condizioni meteorologiche difficili e da problemi tecnici, rendendo la fuga particolarmente rischiosa.

Secondo i dati di tracciamento del volo verificati dalla Cnn, l’aereo utilizzato da Machado per arrivare a Oslo è decollato mercoledì mattina da Curaçao, e ha fatto scalo a Bangor, nel Maine, prima di dirigersi verso la Norvegia. L’ambasciata olandese a Caracas, responsabile della rappresentanza degli interessi di Aruba, Bonaire e Curaçao, ha negato qualsiasi coinvolgimento nella fuga di Machado. Una volta fuori dal territorio venezuelano, Machado ha potuto proseguire il viaggio verso l’Europa.

Il contesto politico: i timori per la missione

Nel suo primo intervento pubblico dopo l’uscita dal Venezuela, Machado ha definito la sua fuga “una scelta obbligata per continuare la lotta politica”, ribadendo l’obiettivo di una transizione democratica e pacifica. In precedenza, Machado aveva dichiarato alla stampa di aver ricevuto sostegno dal governo americano, senza però fornire dettagli, affermando: “Un giorno potrò dirvelo, perché di certo non voglio metterli a rischio in questo momento“. Stern, tuttavia, ha affermato che la missione è stata finanziata da soggetti anonimi e, a sua conoscenza, non è stata sostenuta da Washington. Ma in una conferenza stampa virtuale, ieri mattina, ha però ammesso che il suo team ha effettivamente comunicato con l’esercito statunitense per segnalare la propria posizione, al fine di evitare di essere presi di mira nelle operazioni contro il narcotraffico in corso nei Caraibi.

Ora, però il team della fondazione le chiede un passo indietro: “Quando eravamo sulla barca insieme, ne abbiamo parlato e l’ho implorata di non tornare indietro“, ha dichiarato Stern alla Cnn.

È una vera eroina e un’icona per me, e rimetterla in pericolo, dove potrebbe essere arrestata, uccisa, torturata, chissà cosa? Non vorrei davvero farlo, ma come noi, è una leader e vuole essere lì per il suo popolo“.


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