“Che caldo che fa!”, le periferie più roventi gridano aiuto
Nel cuore dell’estate romana, mentre il termometro cittadino segna valori roventi, in alcuni quartieri si tocca letteralmente il punto di ebollizione. Non è una metafora: a Don Bosco, quartiere densamente edificato della Capitale, il suolo ha raggiunto i 68 gradi centigradi.
È quanto rilevato da Legambiente, che il 24 giugno ha acceso un grande termometro rosso nel parco della Garbatella, segnando il livello massimo: “Ebollizione totale”.
Un gesto simbolico, ma nemmeno troppo. L’associazione ambientalista ha infatti lanciato da Roma la campagna “Che caldo che fa! Contro la cooling poverty: città + fresche, città + giuste”, in collaborazione con Banco dell’Energia.
L’obiettivo è chiaro: denunciare il legame sempre più forte tra le ondate di calore e le disuguaglianze sociali. Perché, quando il caldo arriva, non colpisce tutti allo stesso modo.
Le termocamere non mentono. Tra il 18 e il 19 giugno, Legambiente ha effettuato 31 rilevazioni termografiche in due quartieri simbolo: Garbatella e Don Bosco. Nella prima, storicamente costruita come “città giardino”, la temperatura media si è attestata intorno ai 35,4°C.
Nella seconda, soffocata dal cemento e povera di verde, si è saliti fino a 37,9°C. Un dato che, per i tecnici, è una sentenza: il verde urbano non è solo un abbellimento, ma una vera e propria barriera protettiva contro il caldo estremo.

La differenza si fa drammatica nei dettagli. Al parco Cavallo Pazzo, a Garbatella, una sagoma di cartone lasciata sullo scivolo sotto il sole ha raggiunto i 66,8°C. Spostata in una zona ombreggiata, la temperatura è crollata di quasi 15 gradi.
A Don Bosco, invece, la pista ciclabile – completamente priva di alberature – è arrivata a 68°C. Persino le fermate del bus, come quella di Giulio Agricola, hanno registrato oltre 52°C. Uno scenario da deserto urbano.
Ma il calore, qui, è anche sociale. “Le fasce più fragili della popolazione – spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – vivono spesso nei quartieri più esposti al caldo, dove mancano alberi, ombra, servizi di supporto. Serve un piano di adattamento climatico che sia anche una risposta sociale”.
Un piano che preveda più verde, ombreggiature, accesso all’acqua, ma anche presidi di supporto per anziani, persone con patologie, bambini.
Perché una fermata dell’autobus sotto al sole può diventare una trappola. E perché, come ricorda Silvia Pedrotti di Banco dell’Energia, “la cooling poverty è una nuova forma di disuguaglianza, invisibile ma letale”.
Il termometro di Legambiente è rosso fuoco, come lo sono molte piazze, fermate, piste ciclabili della Capitale. Ma lo è anche il grido di chi chiede che la battaglia contro il caldo non sia solo ambientale, ma anche sociale. E che Roma, domani, sia non solo più fresca. Ma anche più giusta.
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