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Charli XCX è sempre più Brat: il nuovo album è un rave electropop

Una delle domande più gettonate dell’estate scorsa è stata: cosa significa «Brat»? Non c’è da stupirsi. Con l’uscita il 7 giugno di Brat, il sesto album della cantante britannica Charli XCX, fuori e (soprattutto) dentro i social non si è fatto che parlare di cosa si intenda con quel termine. In particolare, se significhi più «monella» o «ragazzaccia», se abbia sfumature più positive che negative, e se sia da riferirsi solo alle ragazze, o anche ai ragazzi, agli oggetti e alle situazioni – a quanto riferito dalla diretta interessata alla BBC Sounds, un accendino Bic può essere molto brat. Se quella del 2024 sarà considerata per sempre la brat girl summer, e Kamala Harris si vedrà sempre cucito addosso quel titolo – «Kamala IS brat», cita un tweet di Charli di qualche mese fa. E poi: arriverà il giorno in cui ci pentiremo di esserci messe quel top color verde brat – sì, è esattamente quella la tonalità –, o di aver speso un capitale per quella borsetta della nuance che oggi è così cool e domani chissà? Ai posteri l’ardua sentenza.

L’unica cosa su cui siamo certi, è che l’acclamato Brat – a cui è seguito Brat and it’s the same but there’s three more songs so it’s not, la deluxe edition prodotta sempre dalla Atlantic record –, la popstar made in Essex ha fatto doppio centro. Da una parte confermandosi quell’artista che ha una chiara identità e un background pop elettronico di tutto rispetto – e infatti sin dagli esordi ha una fandom di fedelissimi; e dall’altra riuscendo a cavalcare l’onda social, traducendo oltretutto gli umori di un pubblico vasto, perlopiù femminile e decisamente contrario all’immagine della clean girl che spopolava su TikTok. Della serie: qui vogliamo indossare canottiere senza reggiseno, bere vino mentre siamo sul treadmill e sì, all’occorrenza fare anche un po’ schifo – vedasi il video di 360. Vogliamo popstar che nonostante sfornino singoli che scalano le classifiche della Billboard Hot 100 – è il caso di Boom Clap, nel 2014 –, o album che riscuotono grande successo in Paesi come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, l’Irlanda – Crash, nel 2022 –, per un loro nuovo progetto sono capaci di non farsi fotografare in un bel set, scegliendo invece copertine dal colore disturbante e con una scritta in banale font Arial, persino un po’ sgranata – succede con Brat e per mano del designer Brent David Freaney.

Poi è chiaro: siamo qui per ballare. Per provare a immergerci nel mondo dei «party sotterranei, quelli davvero underground e last-minute; quel tipo di eventi da location segreta» che Charli dice di aver sempre frequentato. I rave della scena londinese e quel mix di electropop, electroclash, hyperpop e dance che in qualche modo è sempre stato parte anche della produzione dell’artista, ma che con Brat spinge più forte, con pezzi come Von Dutch e Club Classics in cui alla musica si accompagna il richiamo testuale a quelle esperienze – «Yeah, I’m gonna dance all night, that’s right», e chi osa contraddirla. Ma diciamolo: che festa è una in cui non si portano amici?

Charli XCX è sempre più Brat il nuovo album è un rave electropop

Ecco allora che Brat and it’s completely different but also still brat – l’album remix in uscita oggi in tutto il mondo – apre le porte a una grande gang di compagni di serata tra cui quei Addison Rae, Troye Silvan, Robyn & Yung Lean, Lorde e Billie Eilish che già in questi mesi abbiamo sentito nei remix dei pezzi Von Dutch, Talk Talk, 360, Girl, so confusing e Guess – che ad agosto ha debuttato alla posizione numero 1 della UK Official Singles Charts. Non mancano poi nomi di famosissimi come Ariana Grande – nel remix di Sympathy is a Knife –, e Bon Iver – che in I Think About It All the Time pare portare il contributo più inatteso dell’album; degli amiconi (e collaboratori) di sempre come la cantante Caroline Polacheck – dagli straordinari vocalizzi in Everything is romantic –, e il produttore A.G. Cook – nell’ora esplosivo, e arrabbiato, ma ancora sentitissimo tributo alla DJ e songwriter Sophie, di So I. Nonché del fidanzato, quel George Daniels che è anche il batterista del gruppo The 1975, e che in I Might Say Something Stupid collabora con il compositore e producer John Hopkins in una nuova versione estremamente melodica, benché ricca di Auto-tune. E poi ancora la rapper drill spagnola BB Trickz – che dà quel tocco ancora più badass a Club Classics –, e lo svedese Bladee – che in Rewind è la controparte maschile di una fragilità che traspare molto bene –; le (sottovalutatissime) artiste pop The Japanese House – in Apple – e Tinashe – in B2b –; il frontman americano degli Strokes, Julian Casablancas – che parrebbe un po’ stridente con la voce robotica in Mean Girls, ma in realtà funziona –, e Shygirl, la rapper e DJ inglese sostenitrice dello SWEAT Tour nonché artista in ascesa ­– e la giusta brat girl da chiamare per un pezzo come 365 –.

«Sento così tanto amore per questo progetto che mi sento come se io non stia facendo nulla contro la mia volontà», ha detto Charli un paio di giorni fa ai microfoni di Zane Lowe per Apple Music. «Tutto quello che faccio in relazione alla musica è perché voglio farlo, perché amo così tanto la musica. E so anche che non avrò mai più questo momento nello stesso modo esatto». E ascoltando Brat and it’s completely different but also still brat è assolutamente chiaro che tutto si dirige proprio verso la musica, e l’amore per la sperimentazione, con la voce di Charli che si plasma di brano in brano, allo stesso modo in cui i testi delle canzoni passano senza colpo ferire dalla spavalderia vanagloriosa, alla più sincera insicurezza e vulnerabilità. Cose già dette per l’originario Brat, solo che ora l’impressione è quella di essere entrati in un mondo che è ancora più amplificato, nei suoni e nelle emozioni; e sembra tutto veramente completo adesso. Sarà perché nei featuring funziona come nelle amicizie: se sono sincere, tutto appare più credibile. Pur rimanendo così brat.


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