Cgil: “Sconcertante che l’assessore Riccardi proponga più privato come soluzione ai problemi”
Il ricorso alla sanità privata non può essere la soluzione per ridurre le liste di attesa. E non può nemmeno arginare l’esodo dei cittadini del Friuli Venezia Giulia verso le strutture sanitarie di altre regioni. È quanto sostiene il segretario regionale della Cgil Michele Piga.
I dati
I dati sulla mobilità sanitaria evidenziano che, nel 2023 un deficit di 14 milioni per il Friuli Venezia Giulia. “Prendendo atto dei dati sull’esodo – dichiara Piga – l’assessore ha affermato che il toccasana sarebbe quello di finanziare ancora di più la sanità privata. Parole che suscitano scalpore, le sue, perché scambiano il male con il rimedio. I dati, infatti, dicono che l’ultimo anno virtuoso della nostra regione è stato il 2018, quando il Friuli Venezia Giulia chiuse il bilancio della mobilità sanitaria con un saldo positivo di oltre 2 milioni di euro. Sei anni dopo, il saldo è peggiorato di 16 milioni, e si tratta di anni tutti segnati dalla gestione dell’attuale maggioranza e dell’attuale assessore, in carica da maggio del 2018”.
Ben 27 milioni all’anno vengono rimborsati ad altre regioni solo per interventi e visite ortopediche, nella maggior parte dei casi per prestazioni erogate da strutture private del vicino Veneto. Se per l’assessore Riccardi la strada sarebbe quella di potenziare l’offerta privata in Fvg, la lettura della Cgil è diametralmente opposta. “La soluzione naturale – commenta Piga – è rafforzare la capacità di risposta dei reparti di ortopedia dei nostri ospedali regionali attraverso un’adeguata dotazione di personale e trovando maggior disponibilità di sale operatorie, in modo che i cittadini della nostra regione possano trovare una risposta tempestiva e di qualità nel servizio pubblico, che sostengono direttamente con le proprie tasche attraverso il gettito fiscale”.
Invece di agire per capire e soprattutto risolvere i problemi del Servizio sanitario regionale, che costringono i cittadini del Fvg a lunghe attese e spingono il 10% degli utenti a rinunciare alle cure, con punte del 24% tra gli anziani, o a cercare soluzioni fuori regione, l’idea è quella di continuare ad aumentare i trasferimenti al privato, continuando a finanziare la crescita della sanità profit e ad alimentare anche la fuga di personale dalla sanità pubblica. Un circolo perverso che va assolutamente spezzato”.
Liste di attesa
Un’altra considerazione riguarda la comunicazione che il governo regionale fa sui dati riguardanti i tempi di attesa, soprattutto per la chirurgia oncologica. Per fare un confronto tra anni diversi le rilevazioni devono avere criteri di registrazione uguali nel tempo. Se questi vengono cambiati (fasce di priorità diverse prese a riferimento per le stesse patologie, come per esempio sul tumore alla prostata, decorrenze diverse, revisione delle agende…), i risultati non possono essere confrontabili. Per essere chiari, se il numero gli interventi di chirurgia oncologica è stabile negli anni, se i tempi di attesa risultano ridotti vuol dire che si registrano e codificano in maniera diversa. Anche su questo la Cgil chiede un trasparente confronto con l’amministrazione regionale.
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