Basilicata

C’era una volta la ricerca, ovvero come l’intelligenza artificiale sta uccidendo il web

Gli strumenti di intelligenza artificiale applicati alla web search stanno rivoluzionando la navigazione in internet ma il prezzo potrebbe essere molto, troppo alto, ecco perché


In principio era Archie. Era il 1989 e non era ancora nato il World Wide Web (le famose tre W che identificano i siti internet arriveranno, infatti, l’anno dopo) che già si affacciava sull’universo di internet un primo sistema organizzato per trovare contenuti. Gli algoritmi di Archie però indicizzavano solo le Url ma con il web agli albori Archie era già una rivoluzione.

Dovremo attendere 9 anni per vedere sul mercato mondiale lo sbarco di Google che costituirà la vera rivoluzione. Nel mezzo una vera e propria scala verso il cielo:

  • 1993 – Primo motore di ricerca a indicizzare le parole chiave (Wandex)
  • 1993 – Primo a indicizzare le meta descrizioni (Aliweb)
  • 1994 – Primo a consentire ricerche con linguaggio naturale (Altavista)
  • 1994 – Primo a indicizzare intere pagine (Webcrawler)
  • 1994 – Primo a mettere in fila i risultati in base alla rilevanza (Lycos).
  • E infine Google che arriverà con il primo algoritmo (Backrub) nel 1996 per poi sbarcare ufficialmente nel mondo nel 1998: il primo a mettere insieme ogni cosa in modo efficiente e fu rivoluzione.

Oggi Google domina il mercato con circa l’89,54% delle ricerche, a seguire Bing di Microsoft con il 3.95% e poi Yahoo! con l’1,50%. Si segnala Baidu forte in Cina ma con solo l’1,2% di mercato mondiale e Yandex soprattutto in Russia ma con meno dell’1% di mercato mondiale. Questi dati fanno capire lo strapotere nel settore di Google e rendono chiaro perché se Mountain View (sede di Google) decide qualcosa non cambia la strategia di una società ma cambia il web e quindi cambia il mondo. Ed è proprio quello che sta succedendo.

LO SBARCO SU WEB DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Il primo elemento di questa breve analisi quindi è definito. Google decide e ogni sua decisione inevitabilmente trascina anche tutti gli altri motori di ricerca ma soprattutto innesca cambiamenti più o meno consapevoli negli utenti del web. Tutto questo perché Google domina.

Secondo elemento da prendere in considerazione è l’enorme accelerazione dello sviluppo dell’intelligenza artificiale generativa e delle sue applicazioni al mondo dalla web search. Tralasciando in questa sede la genesi dello sviluppo dell’AI che in poco più di tre anni (era novembre 2022 quando Open Ai presentava al mondo ChatGpt 3.5) ha portato i Large language model (LLM) a offrire interazioni sempre più complesse ed elaborate, ciò che interessa qui sono le sue applicazioni in quello che è il primo contatto tra l’uomo e la rete ossia la web search.

Inevitabile che questa enorme rivoluzione dalle potenzialità straordinarie entri nel mondo della ricerca web che costituisce il vero business dell’internet libera o standard. Ciò perché da lì passa la parte più rilevante del traffico verso i siti web (almeno fino ad oggi) e quindi la resa pubblicitaria, che al netto dei tentativi di monetizzare il traffico tramite abbonamenti, è l’unica vera forma di finanziamento del web.

L’ALBA DI UNA RIVOLUZIONE: GOOGLE OVERVIEW

Nello spazio di un anno Google ha lanciato, prima in Usa e poi nel resto nel mondo e infine nei Paesi UE, due servizi. Il primo è Google Overview rilasciato in Usa nel maggio del 2024 e arrivato in Italia e in Europa nel marzo 2025. Il secondo è Google AI Mode rilasciato in Usa nel maggio 2025 e in Italia ed Europa ad ottobre dello stesso anno.

Google Overview, si concretizza in quel breve testo introduttivo che si vede nella pagina di ricerca prima dei tradizionali risultati. È una sintesi elaborata da Gemini, l’intelligenza artificiale made in Google, delle informazioni più importanti relative alla ricerca dell’utente. Google Overview i dati li prende dai siti che, più in basso, costituiscono i risultati classici della ricerca.

Mettendo per un attimo da parte l’attendibilità, almeno allo stato dell’arte, del contenuto di Overview (si tratta infatti di una sintesi di informazioni pescate acriticamente dall’algoritmo in vari siti) è indubbio il vantaggio per l’utente finale che, senza lo sforzo di dover spulciare pagine e pagine, si ritrova un riassuntino cotto e servito con tutto quello che di base potrebbe servirgli. Stupendo… ma devastante per il web standard e in particolare per il mondo dell’editoria, dell’informazione e della divulgazione. E ora vedremo perché.

COME L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE STA UCCIDENDO IL WEB

Il risultato di questa complessa operazione è, senza alcun dubbio, la soddisfazione dell’utente che, senza sforzo, ottiene quello che gli serve in pochi secondi e, nella grande maggioranza dei casi, non sente il bisogno di andare oltre. Non ne ha bisogno, ha avuto già tutto servito su un piatto d’argento da Google Overview. Ma fermiamoci un attimo a pensare che effetto ha questo sugli altri attori in gioco.

Come detto, la principale se non l’unica fonte di monetizzazione per il web aperto è la pubblicità. L’Advertising (pubblicità), per quanto fastidioso, consente la sopravvivenza dei siti e si basa su un concetto elementare: si paga in base alle visualizzazioni, o impression se vogliamo usare il gergo di settore. Per sviluppare le impression è necessario che l’utente apra il sito e navighi tra le sue pagine. Ma se l’utente è già soddisfatto dalla overview non sentirà il bisogno di aprire il sito, non navigherà tra i relativi contenuti e non visualizzerà pubblicità, risultato? Il sito non monetizzerà e inesorabilmente appassirà.

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE E I CONTENUTI DEL WEB

L’ulteriore problema (che sa di beffa), inoltre, è che Google per creare la overview usa i risultati di quegli stessi siti che così non monetizzano più. Quindi prende le informazioni che non sono più remunerate (c’è chi parla di “furto” di redditività, noi non lo diciamo ma l’effetto è quello). Conseguenza di tutto ciò è il progressivo calo degli incassi per gli editori, la crescente insostenibilità economica della produzione di contenuti e il rischio di chiusura. Ma se i siti di news e divulgazione chiudono, poi, Google le informazioni dove le va a prendere?

Per oltre 3 decenni il web standard o aperto si è basato su un patto non scritto tra i produttori di contenuti e Google. Da un lato Google fatturava miliardi di dollari con la pubblicità sfruttando i contenuti dei siti e dall’altro veicolava, tramite le ricerche, il pubblico sui siti consentendo a questi ultimi di partecipare (con parsimonia) alla relativa monetizzazione. Con Google Overview questo patto non scritto si è rotto. Google continua a sfruttare i contenuti ma non veicola più gli utenti verso i siti.

GOOGLE, PAROLA D’ORDINE: “NEGARE SEMPRE”

Da quando Google Overview ha fatto il suo esordio (parliamo solo di Overview per via del dominio di Google nella web search ma ovviamente anche le altre AI che fanno cose analoghe producono risultati analoghi), Mountain View ha sempre negato che il suo operato possa danneggiare il web standard. Non si contano le dichiarazioni pubbliche in cui gli alti dirigenti di Google hanno ribadito che “no, dall’entrata in funzione di Google Overview non abbiamo registrato cali di redditività”.

Lo stesso Ceo di Google Sundar Pichai alcuni mesi fa ha ribadito che il traffico generato da Google verso i publisher era in aumento e che la diversificazione delle fonti favoriva una distribuzione più ampia. Sì, questo nelle dichiarazioni pubbliche, quando vai davanti ad un giudice però devi dire la verità. E allora nella causa in corso in Usa sulla richiesta di smembramento della divisione pubblicitaria di Google, gli avvocati della Big Tech hanno di traverso ammesso che sì “il web aperto è già in rapido declino”.

LE PRIME CAUSE GIUDIZIARIE TRA GLI EDITORI E GOOGLE

Intanto, lo scorso settembre, il primo grande editore statunitense, Penske Media, che edita tra gli altri la rivista Rolling Stone, ha fatto causa a Google denunciando che grazie ad Ai Overview starebbe traendo vantaggio illegittimo da contenuti coperti da Copyright riducendo traffico e ricavi degli editori. Prima di Penske avevano mosso azioni legali anche altri editori minori e ora anche in Italia si muove qualcosa.

Gli editori associati alla Fieg, infatti, negli scorsi giorni hanno presentato un reclamo formale ad Agcom quale coordinatore dei servizi digitali nazionali proprio con riferimento a Google Overview. E la stessa azione è in via di promozione da parte di Enpa negli altri paesi europei. L’obiettivo è ottenere l’apertura di un procedimento ai sensi del Digital Services Act (DSA) per violazione dei presupposti di base della normativa europea, in quanto Google starebbe agendo come un “traffic killer” di fatto bloccando il traffico verso i siti. In questo modo «non solo si pone in diretta concorrenza con i contenuti prodotti dalle aziende editoriali – scrive la Fieg – ma determina anche una riduzione della loro visibilità e reperibilità, e quindi dei relativi introiti pubblicitari, minacciando il loro rifinanziamento».

IL POSSIBILE COLPO DI GRAZIA DI GOOGLE AL WEB STANDARD E APERTO: GOOGLE AI MODE

È appena cominciata la discussione sugli effetti di Google Overview che la società di Sundar Pichai ci mette sopra il carico da 11: arriva anche in Italia Google AI mode. Se Overview metteva a rischio il traffico verso i siti derivante dalla ricerca (in tre mesi, luglio, agosto e settembre, si sono registrati cali dal 25 al 45% e, in casi più gravi anche oltre), Google AI Mode trasforma quel rischio in una certezza.

Stiamo parlando di un servizio eccezionale nelle opportunità offerte all’utente finale che riformula alla base i concetti stessi del web e della web search. Con Google Ai Mode la ricerca viene trasformata in un dialogo con l’intelligenza artificiale. La stessa schermata finale mette subito bene in chiaro il nuovo paradigma. I link ai siti sono messi di lato, come una sorta di riferimento bibliografico, l’elenco delle fonti, mentre al centro della pagina si trova la risposta di Ai Mode: completa, esaustiva. Il risultato è lo stesso che nella maggior parte dei casi si registra per i libri: i riferimenti bibliografici li vedi, ne prendi nota, ma nella stragrande maggioranza dei casi non vai a leggerli (tranne che tu non abbia bisogno di approfondire ovviamente).

Se Overview aveva solo spostato un po’ più giù i risultati di ricerca, ma non aveva osato ridimensionarli graficamente, Google AI Mode non ha più remore di sorta e relega le fonti a base di partenza che devi sapere che esiste ma, in fondo, non sei obbligato a leggere perché le informazioni ti arrivano già digerite da Gemini. Risultato? Se prima c’era un calo delle visite ora si prevede un tracollo.

I RISCHI PER L’INFORMAZIONE E PER L’UTENTE

L’intelligenza artificiale è fantastica ma, al di là dell’effetto wow, che rischi ci sono per l’utente finale e per il mondo dell’informazione? In primo luogo l’affidabilità. Il rischio di allucinazioni, ossia casi in cui l’AI ci fornisce come fatto vero una informazione in realtà sbagliata o, peggio ancora, completamente inventata, resta alto e, probabilmente, insuperabile.

Inoltre, l’esperienza di navigazione (che navigazione in realtà più non è) diventa meno soggettiva e spontanea. Nei fatti l’esperienza di ricerca è più omogenea tra i vari utenti e progressivamente controllata dai sistemi d’intelligenza artificiale. Un cambiamento che rischia di non rappresentare più l’intero spettro della nostra complessità e di delegare, consciamente o inconsciamente, alla AI una porzione sempre maggiore della nostra autonomia decisionale.

Niente più esplorazioni incontrollate del mare del web, a volte lunghe e faticose, sì, ma capaci di offrire contenuti imprevisti e scoperte inaspettate spesso molto più soddisfacenti di quelle canoniche. In cambio si rischiano risposte standard e filtrate dagli algoritmi. Senza contare che progressivamente i contenuti originali potrebbero ridursi per via dell’insostenibilità economica della produzione, di fatto impoverendo la qualità complessiva della rete perché l’AI produrrà anche contenuti straordinari ma è essa stessa un prodotto della mente umana e niente è più creativo (e fragile) dell’intelligenza naturale.


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