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“C’è una talpa nella Commissione d’inchiesta su Emanuela Orlandi”. Le rivelazioni di Gian Paolo Pelizzaro

Il giornalista Gian Paolo Pelizzaro ha messo nero su bianco per il magazine online “Storia in rete” le motivazioni per cui ha lasciato la commissione parlamentare d’inchiesta che indaga sul mistero delle scomparse di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, avvenute a Roma nel 1983. La precisazione sarebbe motivata dal fatto che “Dall’interno della Commissione una “talpa”, ha far trapelare informazioni scorrette sulle mie dimissioni”, sostiene Pelizzaro che dallo scorso settembre ha coordinato un gruppo di lavoro di consulenti sul caso di Marco Accetti per fornire un parere motivato “sulla necessità di ascoltare questa persona”.

Marco Fassoni Accetti, lo ricordiamo, è il controverso fotografo romano noto alle cronache sia per l’omicidio del piccolo Josè Garramon (per cui fu condannato ad un anno di reclusione) che per essersi autodenunciato di entrambi i sequestri di Emanuela e Mirella, senza però portare mai a un riscontro o a una soluzione dei casi di scomparsa delle due all’epoca ragazzine. Dopo aver analizzato le “tante versioni rese da Accetti alla Procura di Roma” (tra il 2013 e il 2015), Pelizzaro ha depositato delle relazioni suggerendo, nel caso la Commissione decidesse di convocare questa persona “di procedere con grande cautela e rigore per verificare l’attendibilità delle sue versioni dei fatti” con un metodo che il giornalista definisce severo e rigoroso, “per evitare di lasciarsi sedurre dai racconti di Accetti che con il tempo si erano evoluti (…) onde evitare di subire deviazioni sulla base di mere speculazioni, fake news e narrazioni inquinate. Tutto questo – precisa Pelizzaro – accadeva a metà gennaio 2025. In quel periodo, nonostante fosse chiaro che c’era qualcosa di anomalo che si agitava in Commissione, l’idea delle dimissioni era ancora remota. Alla “talpa” quel metodo e quella severità dovettero suonare sgradite perché, pochi giorni dopo (la consegna della relazione), già appariva la prima velenosa fuga di notizie sul caso Accetti”.

A questo punto, la “palla” è passata alla commissione che avrebbe dovuto decidere se convocare o no Accetti. “Di fronte ad un orientamento generale che aveva il sapore di una decisione già presa, e cioè quella di ascoltare Accetti, mi ero permesso di ammonire tutti sul rischio che il soggetto, avendo in passato “intortato” anche magistrati di grande esperienza, avrebbe ancor più agevolmente imbonito i componenti della Commissione, essendo questi non particolarmente attrezzati o competenti sulla materia”, aggiunge il giornalista. “Su Accetti la Commissione si gioca la propria reputazione”, ammonisce Pelizzaro ribadendo che “all’interno della bicamerale c’è una misteriosa “talpa” che ha iniziato a muoversi proprio quando è stato “smascherato” Accetti e la sua narrazione”.
Prosegue Pelizzaro: “A quel punto, la “talpa” forte della decisione a favore dell’audizione di Accetti, ha reiterato le sue fughe di notizie. Tutte in direzione del collega che da anni segue personalmente Accetti. Determinando così un corto circuito catastrofico tra Commissione e Accetti stesso, mettendo quest’ultimo al corrente di ciò che la Commissione stava facendo e cosa avrebbe deciso di fare”. “Davanti a quella “falla” in Commissione capii che l’inchiesta parlamentare era compromessa, dall’interno. La Commissione può chiamare in audizione anche il Mago Otelma. Poi, però, dovrà fare i conti con il giudizio dei familiari delle due ragazze scomparse e della stessa opinione pubblica”, le dure parole di Pelizzaro.

Ecco infine qual è per Pelizzaro il ruolo di Marco Fassoni Accetti nel mistero della scomparsa della Vatican Girl: “Le sue versioni negli anni sono state passate al setaccio, analizzate e verificate. L’esito è limpido: il personaggio, dotato di una certa fantasia, ha raccolto a destra e a manca, nel tempo, informazioni e notizie da fonti aperte (come libri, articoli, atti giudiziari a lui disponibili, post, messaggi e così via) e su queste ha costruito le sue storie”. Pelizzaro si esprime poi sulla possibilità che Marco Accetti fosse (come ha affermato) davvero l’ignoto telefonista ribattezzato l’Amerikano che in quegli anni chiamò più volte a casa Orlandi e allo studio dell’avvocato Gennaro Egidio, tentando una trattativa per il rilascio della cittadina vaticana scomparsa.”
“Fra le “prove” del suo tanto anelato coinvolgimento sono state pubblicizzate alcune consulenze di parte (spacciate per perizie foniche) sulla presunta compatibilità della voce del cosiddetto “americano” con quella dello stesso Accetti, il quale si è cimentato a fare l’Alighiero Noschese (noto comico, ndr) del caso Orlandi”.

Ma il motivo che ha spinto Pelizzaro ad uscire dalla Commissione, sottolinea, “è ben più ampio rispetto al singolo caso Accetti. Quando si è verificato un altro episodio, l’ennesimo, altrettanto grave e inquietante, il vaso è traboccato. La misura era colma. Le mie perplessità si sono trasformate in certezze. E così ho deciso di uscire, per non lasciare la mia firma sotto questa inchiesta parlamentare. Non voglio prestarmi a questo gioco al massacro della verità. Saranno gli studiosi e gli storici del futuro a giudicare se l’inchiesta parlamentare, e quindi la ricerca della verità, venne svolta con il giusto metodo. Oppure venne inquinata”, conclude amaramente Pelizzaro.


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