Marche

c’è anche il cellulare del killer


FABRIANO Le acque del Tevere che scorrono nella zona del Ponte Vecchio, a Ponte San Giovanni, restituiscono un coltello e un cellulare. Per gli inquirenti, coordinati dalla Procura di Perugia, quella lama potrebbe essere l’arma del delitto di Hekuran Kumani, il 23enne fabrianese ucciso nel parcheggio del Dipartimento di Matematica dell’Università di Perugia, la notte del 18 ottobre.

Le ispezioni

I sommozzatori dei vigili del fuoco arrivati da Ancona e da Firenze, coordinati dal pm Gemma Miliani, hanno setacciato a lungo le acque del fiume.

Un tratto dove Yassin Amri – il 21enne tunisino in carcere con l’accusa dell’omicidio pluriaggravato di Hekuran – aveva indicato di aver gettato il suo cellulare «per paura», in quella notte di sangue, dopo aver incaricato la sorella di consegnare agli investigatori un vecchio telefono che non usava da anni.

Per l’accusa, un tentativo di depistare le indagini. I sommozzatori ieri hanno ripescato un robustissimo iPhone 15 che, nonostante le 3 settimane in acqua, si è riacceso, permettendo dall’Imei di risalire all’indagato. Ripescato poco distante anche un coltello a serramanico nero con inserti metallici la cui lama, della lunghezza di 10 centimetri, sarebbe compatibile con quella che ha ferito al cuore Hekuran uccidendolo. È emerso sia dall’autopsia sulle ferite, sia dalla testimonianza resa dagli altri partecipanti alla rissa nel parcheggio del Dipartimento di Matematica finita con l’uccisione di Hekuran, al culmine di una rissa tra il gruppo di fabrianesi e quello dei maranza perugini nata in un locale notturno per uno sfottò calcistico (un “Forza Marocco” all’indirizzo dei tunisini).

Coltello e cellulare sono stati sequestrati per le analisi scientifiche. I due reperti sono stati rinvenuti a nemmeno 10 metri dal Ponte Vecchio. La Procura conferirà gli incarichi ai consulenti per analizzarli. Nonostante la lunga permanenza sul letto del fiume, sul coltello potrebbero essere rimaste impresse le impronte di chi lo impugnava o le tracce di sangue o di Dna della vittima, elementi fondamentali per la ricostruzione dell’ipotesi accusatoria.

Il cellulare potrebbe invece contenere messaggi o chiamate che Amri potrebbe aver fatto la sera del delitto agli amici, magari preso dal panico, mentre in auto, scappando via, avrebbe ripetuto agli amici: «Ho bucato qualcuno». Gli investigatori sarebbero a conoscenza dell’esistenza di un messaggio audio, in cui Amri avrebbe confessato a un altro ragazzo l’omicidio.

Aspetto emerso da un’intercettazione a un altro dei giovani indagati. La svolta nella ricerca della verità sull’omicidio di Hekuran potrebbe essere vicina. Non una carezza consolatoria per i genitori Elca e Astrit, disperati da quella notte maledetta. Non una vendetta per i fratelli Samuele e Denis, che continuano solo a ricordare e piangere Heku, ma certamente la strada verso la ricerca della giustizia. Intanto, l’avvocato Vincenzo Bochicchio, difensore di Amri, ha presentato istanza di scarcerazione, che sarà discussa martedì al Riesame: il 21enne ha negato di essere lui l’omicida.




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