Ccs, l’Europa rallenta: obiettivi 2030 lontani

Gli ambiziosi obiettivi europei di stoccaggio della CO2, fissati a metà 2024 nell’ambito del Net Zero Industry Act (Nzia), difficilmente saranno raggiunti. Secondo una nuova analisi di Wood Mackenzie, la capacità di iniezione — ovvero la quantità di anidride carbonica che può essere immessa e confinata nel sottosuolo — sarà ben al di sotto dei 50 milioni di tonnellate l’anno previsti al 2030. Lo studio rivela che ritardi nei progetti e ostacoli normativi stanno compromettendo le ambizioni europee in materia di cattura e stoccaggio del carbonio (Ccs). Le stime aggiornate a ottobre 2025 indicano una capacità disponibile di 28,5 milioni di tonnellate l’anno, con un deficit di 21,5 milioni rispetto al target del Nzia. Il divario cresce se si escludono i progetti privi di licenza, poiché le questioni regolatorie restano una delle principali barriere al progresso.
L’analisi — commissionata da ExxonMobil, OMV Petrom, Shell e TotalEnergies, ma condotta in modo indipendente — ha esaminato i progetti europei attraverso il database Lens Carbon. Ad oggi nessun sito di stoccaggio su larga scala è operativo nell’Ue: solo iniziative pilota e progetti già approvati che garantiranno appena 2,9 milioni di tonnellate l’anno entro il 2030. “Le ambizioni europee sullo stoccaggio del carbonio si stanno scontrando con la realtà commerciale e tecnica”, ha dichiarato Jon Story, vicepresidente di Wood Mackenzie. “Con ritardi medi di oltre un anno e mezzo e un prezzo del carbonio Ue ancora inferiore ai costi di cattura, vediamo politiche che corrono più dei fondamentali di mercato. Servono in media otto anni dal rilascio della licenza all’avvio operativo: la finestra per centrare gli obiettivi 2030 è di fatto chiusa.”
In Europa, infatti, i progetti richiedono otto anni dall’esplorazione all’entrata in funzione. Per rispettare le scadenze 2030 avrebbero dovuto ottenere una licenza entro il 2023, ma solo 15,6 milioni di tonnellate l’anno di capacità risultavano a quel punto sufficientemente avanzate. Lunga burocrazia e contenziosi legali rendono oggi impossibile accelerare. Il rilascio delle licenze è rimasto indietro rispetto alle ambizioni: solo l’Italia gestisce un progetto pilota, mentre i Paesi Bassi, tra i più avanzati, hanno concesso due licenze. Anche progetti simbolo come Porthos e Aramis hanno subito ritardi per ricorsi giudiziari.
Le difficoltà economiche aggravano il quadro. Nel 2024 il prezzo medio delle quote Ets Ue è stato di circa 70 dollari a tonnellata, ancora inferiore ai costi medi della Ccs. Questa realtà, unita a incertezze finanziarie e fluttuazioni di mercato, frena gli investitori. Molti progetti di cattura risultano poco sostenibili e a rischio di asset bloccati, anche perché numerosi impianti sono lontani dai siti di stoccaggio, con conseguenti costi elevati per il trasporto. La maggior parte dei progetti europei registra ritardi superiori a 18 mesi, dovuti a problemi tecnici, legali e commerciali. Anche iniziative avanzate come Liverpool Bay Ccs e Porthos hanno incontrato significativi rallentamenti, nonostante il sostegno pubblico.
Lo studio evidenzia infine la difficoltà di allineare ambizione politica e realtà industriale. Pur disponendo di un contesto normativo favorevole, l’Ue soffre per la frammentazione degli incentivi, costringendo gli sviluppatori a combinare più canali di finanziamento. Per Wood Mackenzie, l’obiettivo del Nzia al 2030 potrebbe dover essere rivisto nel 2028, quando la Commissione europea valuterà i progressi, come previsto dalla normativa.
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