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Cate Le Bon – Michelangelo Dying: Trame iridescenti :: Le Recensioni di OndaRock

Il settimo album della cantautrice e produttrice gallese fa della ripetizione uno strumento metodologico nella trasformazione di un’esperienza sensoriale in musica. Non si tratta certo di una novità nell’approccio compositivo di Cate Le Bon – basti pensare alla reiterazione dei riff spigolosi nei suoi primi lavori o alla splendida nenia modernista “Home to You” – ma in “Michelangelo Dying” essa sostiene l’impianto macrostrutturale della raccolta. La ripetizione a spirale traccia la mappa di un paesaggio sonoro ipnotico, che rielabora la suggestiva esplorazione realizzata con “Pompeii” in una nuova distesa magmatica, avvolta in ulteriori esalazioni gassose.
Le variazioni, lente e progressive, frastagliano come rifrazioni luminose una lunga meditazione che si apre alla svolta imprevista, alla scoperta nel riflesso distorto in un processo di moltiplicazione potenzialmente infinito. Al riguardo, sulle pagine digitali di The Line of Best Fit, Alan Pedder ha parlato di una “stratificazione sonora dagli effetti spettrali e perlacei”. Ecco, è proprio questa peculiare iridescenza il simbolo di una nuova personale riflessione sull’impermanenza della vita – amorosa in questa specifica occasione.

Imperniata sull’esperienza di un difficile breakup, la musica di Le Bon s’incarna ora in un corpo materiale. Decifrare il dolore e le reazioni inconsce che emergono durante il percorso di accettazione e guarigione è però un viaggio conoscitivo che, attraverso un procedimento inizialmente descrittivo, si tuffa in più vasto orizzonte astratto e che richiede la collaborazione di chi ascolta. La decodificazione del senso sboccia dunque nel dialogo con quella voce recitante che emerge dal cosmo sonoro e da cui non si può sfuggire, specialmente se l’esperienza di ascolto si prolunga in un loop. Più questo contatto si rafforza più si penetra nella profondità di un luogo che non è subconscio, ma un’insenatura al cui interno sono conservati scorci di verità presentati come responsi oracolari. Non ci sono spiegazioni chiare e univoche alle ragioni che conducono alla fine di un amore sincero, ma le immanenti sensazioni dei diversi corpi fluiscono in un continuum che offre conforto e la cura di cui questi necessitano per rinascere sanati da una ferita di cui rimane ora solo la cicatrice.

My body as a river
A river running dry
And I’m sick all the time
Until he comes to life

Do you see her
Falling on the wishing bone
Dripping like a candle?
In the pages lost
I’m holding on to sorrow and lust
Leave me now 

È proprio da questa fluidità che prende avvio la profonda rinascita cantata in “Body As A River”, uno dei brani più emozionanti che Le Bon abbia mai composto. Poggiate su un tappeto sintetico, avvolte da chitarre cristalline e soffuse linee di sassofono, le melodie sono interpretate con una delicatezza davvero commovente. Anche con “About Time” e “Heaven Is No Feeling” la musicista gallese dimostra di aver perfezionato un art-pop che palpita secondo un ritmo unico, irreplicabile; un ritmo con il quale celebrare lo sgorgare di una nuova fonte di vita lungo i solchi di quel fiume che sembrava inariditosi. E mentre tutto nel cosmo continua a ripetersi, Cate Le Bon plasma con “Michelangelo Dying” una variazione capace di raggiungere le viscere del desiderio e di sfruttarne l’inaudita forza rigenerante ed emancipatoria.

13/11/2025




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