Basilicata

Cassazione: Niente liberazione anticipata per l’ex boss pentito Mantella

Inosservanza degli obblighi imposti dalla collaborazione e la Cassazione nega la liberazione anticipata per l’ex boss pentito Mantella.


VIBO VALENTIA – La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto della richiesta di liberazione anticipata presentata da Andrea Mantella, ex boss della ‘ndrangheta di Vibo Valentia e collaboratore di giustizia, per il periodo dal 6 novembre 2016 al 6 maggio 2023. La sentenza n. 26864 chiude il ricorso contro l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma, che aveva già negato il beneficio sulla base di una serie di comportamenti ritenuti incompatibili con un genuino percorso rieducativo.

LIBERAZIONE ANTICIPATA PER IL PENTITO MANTELLA: I MOTIVI DEL RIGETTO DELLA CASSAZIONE

Secondo quanto riportato nel provvedimento, i giudici hanno valorizzato diverse segnalazioni del Servizio centrale di protezione: Spostamenti arbitrari: Mantella, durante la protezione, si sarebbe allontanato senza preavviso dalla struttura ricettiva prenotata per esigenze processuali, scegliendo di soggiornare in un albergo diverso da quello stabilito, in aperta violazione delle prescrizioni. Incontri non autorizzati: il collaboratore avrebbe avuto contatti con la moglie senza il permesso del Servizio centrale, aggirando così le regole della protezione.

Atteggiamenti oppositivi e arroganti: il comportamento verso il personale della scorta sarebbe stato caratterizzato da insofferenza, mancanza di rispetto e contestazioni ripetute alle disposizioni ricevute. Il Tribunale di sorveglianza aveva considerato tali condotte, anche se non sempre legate a procedimenti penali definitivi, come espressione di una persistente “mancata adesione all’opera rieducativa”. La Cassazione ha condiviso questa impostazione, ribadendo che, in materia di liberazione anticipata, i giudici possono valutare fatti anche oggetto di procedimenti penali in corso, se rilevanti ai fini del giudizio trattamentale.

IL RICORSO DELLA DIFESA E LA SENTENZA

La difesa di Mantella, l’avvocato M. Fiormonti, aveva invocato il principio di “valutazione frazionata” dei semestri, sostenendo che eventuali episodi negativi non dovessero influire su periodi precedenti privi di rilievi, e aveva denunciato una violazione della presunzione di innocenza. Tuttavia, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la reiterazione dei comportamenti ostativi, distribuiti nel tempo, giustificasse una valutazione unitaria e negativa. Per queste ragioni, la Suprema Corte ha respinto il ricorso, condannando Mantella al pagamento delle spese processuali.


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