Lazio

case, museo e nuova viabilità per trasformare l’ex fabbrica

Per anni è stato il simbolo del “non luogo”: un gigante di cemento divorato dall’edera, un labirinto di corsie crollate e macchinari arrugginiti, covo di degrado e di disperazione.

Oggi, però, l’ex stabilimento della Penicillina Leo – 120 mila metri quadrati incastonati tra San Basilio e Tor Cervara – ha imboccato la via del riscatto.

Venduto all’asta per 26,5 milioni di euro, l’antico tempio dell’industria farmaceutica si prepara a rinascere grazie alla GVG Immobiliare della famiglia Lombardi Stronati (lo stesso Giovanni che guidò il Siena Calcio ai fasti della Serie A).

L’incontro che segna la svolta

Martedì mattina, nella stanza presidenziale di via Tiburtina, il minisindaco del IV Municipio Massimiliano Umberti ha stretto la mano ai nuovi proprietari.

«Qui realizzeremo la più grande rigenerazione urbana d’Europa» ha annunciato, puntando lo sguardo oltre le vetrate, verso quell’enorme scatola grigia gli addetti ai lavori chiamano “l’ecomostro”. Un progetto ambizioso che punta a riscrivere non solo la skyline dell’area, ma il destino di un intero quadrante.

immagine di repertorio

Dai sigilli agli sgomberi: il (triste) passato

Sequestrato nel 2005, dissequestrato nel 2018, lo stabilimento ha vissuto vent’anni di abbandono e occupazioni. Sei sgomberi in sei anni, un via vai continuo di senza tetto e spacciatori, fino a diventare il rifugio di uno degli stupratori di Desirée Mariottini. Il nome Penicillina è passato così dalle glorie dell’antibiotico made in Italy alle pagine di cronaca nera.

Case, parco lineare e un museo industriale

Ora il copione cambia. In cantiere ci sono:

Nuove abitazioni destinate a giovani coppie e famiglie, con un mix di edilizia libera e housing sociale.

Una mobilità “cucita” addosso al quartiere, con strade di quartiere ridisegnate e piste ciclabili che cuciranno San Basilio, Tor Cervara e la Tiburtina.

Un grande parco urbano che ingloberà gli alberi spontanei cresciuti tra i silos, trasformandoli in “foresta industriale”.

Un polo culturale: Umberti ha chiesto di conservare almeno un capannone e riempirlo con i vecchi reattori e le linee di produzione, per ricordare l’epopea farmaceutica romana. «Sarà un museo della memoria operaia, chi lavorò qui deve potersi riconoscere» spiega il presidente.

La tabella di marcia

Il masterplan è affidato a un team di professori universitari, urbanisti e paesaggisti che hanno già avviato rilievi e studi di fattibilità. L’obiettivo – burocrazia permettendo – è posare la prima pietra entro la primavera 2027, fine dell’attuale consiliatura. I costi? Oltre 200 milioni di euro, tra fondi privati e leve urbanistiche.

La sfida sociale

Rigenerare non significa solo costruire. «Questo fazzoletto di Tiburtina è stato per troppo tempo sinonimo di marginalità commenta Umberti –. Vogliamo che diventi un ponte tra centro e periferia, un modello di mix sociale e ambientale». Ecco perché nel progetto compaiono coworking, spazi per start‑up e un asilo nido di quartiere.

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