Umbria

Case della partecipazione, Ferdinandi agli Stati generali: «Avremo una città più unita»


di D.B.

«Alla fine di questo percorso avremo una Perugia più unita, capace di sentirsi di nuovo comunità. Una città che non solo partecipa, ma che si riconosce, si ascolta, si ritrova». Così la sindaca Vittoria Ferdinandi venerdì in una  Sala dei Notari piena per quelli che sono stati ribattezzati gli «Stati generali della partecipazione». Un appuntamento nel corso del quale è stato presentato il progetto triennale promosso dal Comune di Perugia in collaborazione con il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università degli studi; progetto che porterà all’apertura, nel 2026, delle Case della partecipazione.

Contro la solitudine La sindaca ha ribadito che la partecipazione non è un semplice strumento amministrativo, ma una scelta politica strategica per contrastare quella che ha definito «la grande emergenza del nostro tempo: la solitudine sociale». Nel raccontare i primi incontri territoriali a Madonna Alta e Ponte San Giovanni, Ferdinandi ha sottolineato che la valenza profonda delle Case non è nel loro essere «solo luoghi di governo decentrato, ma spazi di accoglienza, ascolto e relazione. Contro la solitudine, per tornare a sentirci parte di qualcosa. Cittadini che si incontrano, che condividono pensieri, che si riscoprono comunità. Questo è il segnale più forte che ci è arrivato».

Un laboratorio L’idea è quella di costruire un modello partecipativo che sia radicato nei quartieri, che nasca dall’ascolto e che si strutturi come metodo ordinario del fare amministrazione. «È solo l’inizio – ha spiegato – ma ci impegneremo a sviluppare un regolamento condiviso, definire la funzione dei consigli di quartiere, capire se l’assetto delle vecchie tredici circoscrizioni può ancora avere senso. E, soprattutto, aprire entro il 2026 questi grandi spazi civici». Una progettualità che, secondo la prima cittadina, si configura come una risposta strutturale alla disaffezione verso la politica e come tentativo concreto di rinnovare le dinamiche democratiche a livello locale. Perugia, ha concluso Ferdinandi, «può e deve diventare un laboratorio nazionale di democrazia attiva».

CASE DELLA PARTECIPAZIONE, IL PROGRAMMA DEGLI INCONTRI

Condivisione Il progetto, articolato in otto azioni e destinato a svilupparsi nell’arco di tre anni, è stato presentato pubblicamente davanti a oltre 250 persone. A illustrarne i contenuti è stata Alessandra Valastro, docente e responsabile scientifica dell’iniziativa. «Si tratta – ha spiegato – di un percorso che intende costruire modelli innovativi e sperimentali di partecipazione istituzionalizzata, partendo dalla formazione interna all’amministrazione, dalla revisione degli strumenti normativi e dall’attivazione di tavoli territoriali per l’ascolto e il confronto». Al centro, la logica dell’amministrazione condivisa, che punta a superare la separazione tra pubblico e cittadinanza e a costruire alleanze operative attorno ai beni comuni.

IL PROGETTO TRIENNALE CON L’UNIVERSITÀ

Bonasora Un’idea, questa, ripresa anche da Pasquale Bonasora, presidente di Labsus (Laboratorio per la sussidiarietà), secondo cui «l’amministrazione condivisa è oggi una funzione pubblica riconosciuta, fondata su patti di collaborazione che non si limitano ai beni materiali, ma si estendono a politiche di inclusione, lavoro e innovazione sociale». Bonasora ha sottolineato come siano ormai più di ottomila i patti attivi in Italia e ha ribadito che «non si tratta di una forma di delega al contrario, ma di una revisione del modo stesso di concepire l’amministrazione».

L’incontro Nel corso dell’incontro è intervenuto anche Lanfranco Binni, che ha ricostruito le linee fondamentali del pensiero di Aldo Capitini. Secondo Binni, «la partecipazione è un potere nuovo che nasce dal basso, capace di ridare significato alla democrazia. Per questo – ha detto – è giusto che proprio a Perugia, città legata alla figura di Capitini, si sperimenti una politica pubblica strutturata sulla partecipazione». «Capitini – ha ricordato Binni – riteneva che la democrazia, senza la vitalità di movimenti dal basso, diventasse un regime di caste». Per Ferdinandi nel complesso il progetto – che rappresenta uno degli assi fondamentali del programma elettorale – è anche una grande occasione: «Sarà un cammino lungo, ma necessario. Invito tutte e tutti a farne parte, perché il cambiamento reale nasce quando ci mettiamo in gioco come comunità».

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