Basilicata

Case a un euro, smart working e università d’eccellenza: Il Sud riparta da chi resta

Le migrazioni dei giovani svuotano il Sud ma il ritorno è possibile grazie a università d’eccellenza, smart working e alla bellezza.


Nel silenzio dei vicoli ormai deserti, tra finestre murate e saracinesche abbassate di botteghe mai più riaperte, si sta cancellando un pezzo del Paese. Ogni anno, migliaia di giovani abbandonano la propria terra, attraversano l’Italia, varcano i confini e si disperdono nel mondo. Alcuni partono per necessità, altri per scelta, per desiderio di autonomia, per curiosità o delusione. Spinti dalla volontà di costruirsi un futuro dignitoso, dal bisogno di lavorare, dalla speranza di trovare altrove ciò che nella propria terra sembra negato. Non è più solo una migrazione obbligata: è una decisione complessa, spesso sofferta. Ma il prezzo è alto: affitti insostenibili, ritmi esasperanti, precarietà diffusa, isolamento sociale. Intanto, i luoghi lasciati indietro si svuotano: le case si chiudono, le imprese cessano, le scuole si spopolano, gli ospedali si accorpano, i servizi spariscono. Un circolo vizioso alimentato da inerzia e disattenzione.

LA DISPARITÀ DELLE UNIVERSITÀ E L’ECCELLENZA DEL SUD

Lo stesso accade con l’università. Gli studenti del Sud scelgono atenei del Nord, convinti che lì risiedano la qualità, le opportunità, le risposte. Ma la realtà, spesso, è fatta di sacrifici silenziosi: borse di studio insufficienti, carenza cronica di alloggi, affitti proibitivi. Ragazzi costretti a vivere in stanze condivise a cifre spropositate, a lavorare di sera per potersi mantenere, a studiare senza tempo né radici, sospesi tra l’urgenza e il disagio. Eppure, mentre si guarda altrove, alcune eccellenze crescono proprio nei luoghi da cui si continua a fuggire. Atenei e poli universitari del Meridione scalano le classifiche nazionali e internazionali per qualità della didattica, ricerca scientifica e sostenibilità. L’Università della Calabria, a Cosenza, ne è un esempio emblematico: oggi tra i campus più moderni d’Europa, è riconosciuta per il livello accademico, l’innovazione e l’organizzazione avanzata dei suoi spazi.

IL RITORNO È POSSIBILE E NECESSARIO

La vera sfida non è solo trattenere chi resta, ma creare le condizioni per il ritorno di chi è partito. Serve formare menti capaci di leggere i bisogni del proprio territorio e agire senza dover emigrare per essere riconosciute. L’alta formazione deve smettere di essere un passaporto per andarsene e diventare una leva per aprire possibilità lì dove c’è fame di competenza, visione e presenza. Occorre una rete formativa che non si limiti a insegnare, ma prepari a trasformare. Eppure, proprio questi territori spesso dimenticati vengono sempre più raccontati come mete ideali per pensionati, turisti, investitori stranieri. Si promuovono borghi “ritrovati”, case a un euro, narrazioni di ritorni alla lentezza e a una vita più autentica. Sono strategie che possono contribuire a generare attenzione e stimolare alcuni flussi, ma da sole non bastano. Perché un borgo non rinasce con le facciate imbiancate o con slogan suggestivi: rinasce se è abitato da giovani, da idee nuove, da opportunità concrete. Il vero motore della rinascita è la presenza attiva di chi ha una visione e decide di restare o tornare per costruire, non per ritirarsi.

SMART WORKING E QUALITÀ DELLA VITA COME VANTAGGIO

Oggi, grazie allo smart working e ai nuovi modelli lavorativi svincolati dalla sede fisica, restare o rientrare diventa davvero possibile. Vivere dove si sta meglio, lavorare da remoto, spostarsi solo quando serve: non è più un sogno, ma una scelta sempre più accessibile — a patto che esistano le condizioni di base per farla diventare sostenibile e duratura. E vivere nel Sud può significare proprio questo: respirare meglio, spendere meno, avere più tempo, più spazio, più umanità. La qualità della vita non è un lusso. È un diritto. E può diventare, finalmente, un punto di forza. Non è questione di nostalgia. È questione di visione. Di futuro. Di scelte strutturali. Il Sud non è una zavorra da trainare. È un’opportunità mai raccolta fino in fondo. L’errore è pensare che per costruire solide fondamenta si debba partire. Chi resta o torna lo fa per scelta, perché sa che il cambiamento non piove dall’alto: germoglia sul posto, con chi ha il coraggio di iniziare prima degli altri. Se questi territori saranno riconosciuti, sostenuti e messi in condizione di esprimersi, diventeranno il battito propulsivo di un’Italia che non può più permettersi di aspettare.

UNIVERSITÀ D’ECCELLENZA, SMART WORKING E LA BELLEZZA COME MOTORE DI RINASCITA DEL SUD

C’è infine una sfida ulteriore, profonda e spesso dimenticata: insegnare il bello. Riconoscerlo. Difenderlo. Ricostruirlo. Per decenni, interi paesaggi sono stati devastati da abbandono, speculazione, abusi. Opere incompiute, edifici senza senso, ecomostri disseminati ovunque hanno sfigurato territori che un tempo custodivano equilibrio e armonia. Il Sud ha visto tutto questo: la bruttezza del non-finito, dell’incuria, dell’irresponsabilità. Ma proprio da qui può rinascere tutto. La bellezza non è un lusso né un ornamento: è una forza generativa, culturale, sociale, economica. È ciò che educa al rispetto, crea senso di appartenenza, attira talenti, genera identità. Insegnare il bello è insegnare a prendersi cura. E dove si impara a farlo, ogni cosa può cambiare. La bellezza può rigenerare ciò che è stato ferito, trasformare l’indifferenza in progetto, il degrado in visione. Cambiare il mondo era ed è ancora anche questo!

* Fabrizia R. Arcuri (Giornalista, Vicepresidente Mediterranean Export Innovation Hub)


Source link

articoli Correlati

Back to top button
Translate »