Umbria

Cartomanti, pm chiede altri otto arresti. Il business della «cometa del diavolo»


di Chiara Fabrizi

La Procura di Perugia ha chiesto altri otto arresti nell’ambito dell’inchiesta sulla contestata truffa dei cartomanti, che ha già portato in carcere due donne e un uomo e ai domiciliari una terza donna. Ora, però, il sostituto procuratore Gemma Miliani, titolare del fascicolo, ha chiesto l’arresto anche per altre otto persone, si tratterebbe dei telefonisti del call center di Ponte San Giovanni (Perugia), quartier generale della presunta associazione per delinquere che avrebbe fruttato 5,5 milioni di euro. Lunedì, intanto, si sono svolti gli interrogatori di garanzia dei quattro arrestati, che hanno risposto alle domande del gip Margherita Amodeo, ora chiamata a decidere se revocare, come richiesto dai difensori, le misure cautelari autorizzate la scorsa settimana.

Nell’ordinanza che ha portato in carcere e ai domiciliari i quattro promotori della presunta associazione per delinquere finalizzata alla truffa spunta anche il business della «cometa del diavolo». Secondo la Procura di Perugia, sul punto sostenuta da intercettazioni, il gruppo di cartomanti leggendo nel 2023 le notizie sul raro fenomeno celeste della «cometa del diavolo», chiamata così per la sua coda a forma di corna, ha ideato un filone di business, proponendo a clienti con cui già avevano rapporti riti di protezione da fantomatici effetti nefasti che il passaggio della cometa avrebbe a loro dire potuto avere nelle loro vite.

In particolare, al telefono raccontavano che il passaggio della «cometa del diavolo» avrebbe messo in moto delle forze negative molto forti e contestualmente distrutto quelle positive. Ad aggravare il fantomatico quadro anche la rarità del fenomeno celeste, che per gli esperti capita ogni 70 anni: un dato, questo, che i cartomanti avrebbero utilizzato per amplificare i rischi connessi al transito della cometa. Dopo aver rappresentato una simile situazione, con un modus operandi che sarebbe stato replicato con vari clienti, gli indagati proponevano riti di protezione a tariffe molto differenti, si va dai 150 euro a migliaia di euro. Le cifre variavano anche sensibilmente, sostengono gli inquirenti e lo stesso gip, in base alle disponibilità dei clienti, che loro già conoscevano.

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